Cronaca locale

«Castellano lasci l'alloggio di servizio»

Il sindacato: «Usa l'appartamento cui aveva diritto come direttore del carcere». La replica: «Lo sto liberando»

«Castellano lasci l'alloggio di servizio»

«Sa nel carcere di Bollate quanti agenti lavorano? Duecentoventi. E sa quanti vengono dall'Italia del sud? Duecentoventi! Tutti, dal primo all'ultimo, perché questo è un lavoraccio. E tutti vorrebbero una casa dove poter portare le famiglie. Le sembra giusto che la dottoressa Castellano, che da due anni fa la politica a tempo pieno, si tenga quasi gratis una casa da centocinquanta metri quadri?»

É un fiume in piena Donato Capece, ispettore e sindacalista della polizia penitenziaria. Il leader del Sappe parla di Affittopoli, parla di “casta”. Nel mirino c'è Lucia Castellano, direttrice di carceri (è l'inventore di Bollate, prigione sperimentale dal volto umano) prestata alla politica: prima come assessore comunale nella giunta di Giuliano Pisapia; adesso come consigliere regionale della lista Ambrosoli.

La colpa della Castellano, per il sindacato degli agenti, è quella di tenersi un alloggio di servizio. Lo stesso cui aveva diritto come direttrice del carcere di Bollate, e che continua a tenersi anche adesso che è in aspettativa per motivi politici. «Lasci il posto a un agente che potrebbe averne più bisogno», dice Capece.

La diretta interessata, Lucia Castellano, non si agita più di tanto per essere stata chiamata in causa. «Non c'è assolutamente nulla di strano. Esiste una legge in base alla quale ai direttori di carcere, ai comandanti delle guardie e ai provveditori regionali alle carceri spetta un alloggio di servizio. Io sono arrivata a Bollate nel 2002 e ho avuto in assegnazione l'alloggio. Da tempo non ci vivo più, ma ho continuato a pagare le utenze. Lo scorso 17 aprile il ministero mi ha chiesto di tornarne in possesso e sto provvedendo a liberarlo dalle mie cose. Francamente non vedo dove stia lo scandalo. Oltretutto il mio successore alla direzione di Bollate non ne ha mai avuto bisogno».

Al centro della protesta del Sappe c'è un intero condominio di proprietà del demanio, realizzato all'esterno del carcere di Bollate. Normalmente, gli alloggi di servizio di direttori e comandanti sono collocati (come nel caso di San Vittore) all'interno della struttura carceraria, e non è un bel vivere. Ma a Bollate, invece, gli alloggi sono all'esterno.

C'è quello del direttore, c'è quello del comandante (anch'esso attualmente vuoto): e ci sono un congruo numero di appartamenti in cui si sono installati i primi agenti arrivati a aprire il carcere, nel 2002, e che di fatto non se ne sono più andati: «La conseguenza è che non si è mai fatto un bando per chi è arrivato a Milano negli anni successivi», dice Capece. «Gli scapoli vivono all'interno. Ma chi ha famiglia come fa? Di certo non può permettersi di pagare seicento euro di affitto quando ne guadagna mille e trecento.

Si cominci a liberare l'alloggio della Castellano, che per almeno cinque anni non ne avrà bisogno visto che è stata appena eletta in Regione».

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