Cronaca locale

Il Centro d'accoglienza non chiude e si allarga

Materiali ignifughi e resistenti per evitare al massimo gesti di autolesionismo. Una struttura nuova, grande, concertata in maniera più coerente alle funzioni che deve svolgere. Un edificio destinato ufficialmente a ospitare 132 persone come prima, ma dove - visto che al momento i numeri, insieme ad altri dati, sono top secret - non si esclude potrebbero starcene di più. Insomma, una costruzione a cui la prefettura di Milano tiene molto e che verrà realizzata probabilmente entro pochi mesi, sicuramente entro l'anno, dalla società che ha già vinto il bando indetto proprio dai vertici di palazzo Diotti. La notizia mette quindi a tacere tutti coloro che avevano pronosticato la chiusura definitiva del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di via Corelli, liquidando i lavori di ristrutturazione come un pretesto per porre invece la parola fine a una realtà che a tanti non piace e non è mai piaciuta ma che - tra ristrutturazioni, riaperture e nomi differenti (era nata come «centro di permanenza per stranieri») - esiste a Milano dal 1990.
Giuseppe De Angelis, primo dirigente della polizia di stato e da anni a capo dell'ufficio immigrazione della questura di Milano, conosce il tema come pochi e snocciola cifre da record. Tra Milano e provincia ci sono infatti attualmente 403mila stranieri extra Ue regolari di cui ben 217mila vivono in città, in testa gli egiziani seguiti da albanesi, cinesi e filippini. Numeri che raccontano non solo l'efficienza meneghina nella gestione degli stranieri, ma svelano anche un'Italia proiettata verso l'integrazione, verso l'Europa. Un'Italia che dei 13 Cie sparsi sul territorio (ma Bologna e Modena, per fare un esempio, come quello di via Corelli sono chiusi per ristrutturazione) ha un gran bisogno.
«I Cie sono a disposizione della Direzione Centrale dell'Immigrazione e non, come credono in molti, delle questure - sottolinea De Angelis -. Costituiscono una sorta di reception nazionale i cui posti vengono distribuiti dal ministero dell'Interno. Certo, sarebbe ipocrita sostenere che la chiusura di via Corelli non ci è pesata dal punto di vista logistico: il fermo di uno straniero per la sua identificazione non può superare le 12 ore e subito dopo iniziano le procedure di espulsione che se non immediatamente eseguibile comporta il trattenimento della persona in un Cie che di volta in volta ci viene indicato dal Ministero. La direttiva rimpatri Ue del 2011 consente invece di trattenere uno straniero al Cie anche fino a 180 giorni, anche se di norma lo rimpatriamo molto prima. Tuttavia la questura non si è piegata di fronte alle difficoltà create dalla chiusura di via Corelli, si è adeguata. La chiusura del Cie non ha comportato un aumento degli irregolari sul territorio milanese, numero che comunque diminuisce sempre più con il passare degli anni. Anche sul fronte dei cittadini dell'Ue la questura ha sempre mantenuto la dovuta attenzione. Infatti dal 2008 a oggi la sola questura di Milano ha effettuato 3mila656 provvedimenti di allontanamento di cui 514 coatti. Il Cie di Milano è chiuso? E gli stranieri li portiamo a Torino, a Roma, a Gorizia, a Bari, a Caltanissetta. In aereo, in pullman. Se occorre facciamo anche un accompagnamento al giorno. Servono almeno due poliziotti per ciascun accompagnato, è vero.

Inoltre, con i più pericolosi io preferisco ci sia sempre anche un operatore del nostro ufficio, dotato di un brevetto ottenuto con uno specifico corso».

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