Cronaca locale

Chailly, quarant'anni in sala di incisione Tutto iniziò con una telefonata da Pavarotti

Il direttore ricorda: «Luciano mi chiese se volevo registrare 'O sole mio»

Piera Anna Franini

A venticinque anni già entrava a fare parte della scuderia Decca. Da allora, il direttore d'orchestra Riccardo Chailly ha firmato oltre 150 dischi vendendo tre milioni di copie. Era un anno speciale il 1978. Ingresso in Decca, debutto al Teatro alla Scala e l'incontro con Gabriella Terragni, l'inseparabile moglie, sempre al fianco in questi quattro decenni di attività nel mondo e adesso finalmente a casa, Milano, come direttore musicale del Piermarini.

Quarant'anni che Decca festeggia pubblicando «Messa per Rossini», il Dvd e Blu-ray di «Madama Butterfly» e il cofanetto «The Symphony Edition»: 55 cd con i tre principali capitoli dell'esperienza del maestro anzitutto alla testa della Berlin Radio Symphony Orchestra, del Royal Concertgebouw di Amsterdam e del Gewandhausorchester di Lipsia. D'ora in avanti sarà sempre più presente il marchio Scala, inteso come teatro e Filarmonica: finalmente tornati in sala di incisione dopo gli ultimi anni (i post-Muti) di silenzio.

Chailly è musicista dalle scelte musicali talvolta scomode, mai scontate. E Decca - confessa - l'ha sempre sostenuto in questo cammino, assieme hanno condiviso i rischi di affrontare progetti incuranti del principio del marketing. «Operazioni tutt'altro che semplici, penso all'integrale di Varèse, le sette Kammermusik di Hindemith o le Ballades di Frank Martin» (Chailly).

Tutto prendeva il via con una telefonata di Luciano Pavarotti. «Nel 1977 mi telefonò dicendo, non ci conosciamo, però mi dicono che lei ha talento. Vuole venire a Londra a incidere un album di canzoni napoletane? 'O sole mio?. Io risposi che ci avrei pensato. Puntuale, Pavarotti mi richiamò dopo qualche settimana. Ha deciso? e io spiegai che preferivo rinunciare: quel mondo non mi apparteneva. Magari ci sentiamo un'altra volta, replicai. Dopo qualche mese mi contattò la Decca dicendo che Pavarotti chiedeva di fare con me un repertorio operistico, a quel punto acconsentii». Nel settembre 1978, a Londra, Chailly registrava il suo primo cd Decca: «Una selezione dal Guglielmo Tell di Rossini, con la National Philharmonic e un cast stellare con Sherrill Milnes, Luciano Pavarotti, Mirella Freni, Nicolai Ghiaurov». Alexander Buhr, amministratore delegato di Decca Classical Label Group, riconosce che «in 40 anni di partnership esclusiva tra Chailly e Decca, abbiamo creato una discografia quasi ineguagliata. Le sue registrazioni sono un fattore determinante nell'eredità di Decca negli ultimi quarant'anni».

L'uscita di «Madama Butterly», titolo inaugurale della stagione scaligera di due anni fa, è prevista per il 7 dicembre, il giorno della leggendaria prima della Scala, quest'anno dedicata a «Attila» di Giuseppe Verdi. «Amo moltissimo Attila. Ricordo la produzione della vivo con Patané e Cappuccilli, e l'incisione di Giulini con l'Orchestra Rai di Milano: mi sbalordì per la bellezza, forza teatrale e qualità dell'invenzione».

Sarà un «Attila» insolito. Sentiremo una romanza per tenore ascoltata solo nell'edizione di Milano e mai più eseguita, così come all'inizio del terzo atto Chailly introduce battute che Rossini aveva scritto in omaggio a Verdi.

Originalità e percorsi assecondati dal sovrintendente scaligero Alexander Pereira cui va il merito - parola di Chailly - «di non aver mai esercitato pressioni e forzature di scelte, e questo accade da sempre, da molto prima di questi anni milanesi».

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