Cronaca locale

In città 180 milioni di soldi «sporchi»

Segnalazioni anti riciclaggio del Comune: allarme su capitali di mafia e terrorismo

Luca Fazzo

Mani sporche sulla città. Anni di voci, di inchieste a mezz'altezza, di bar bruciati, di vetrine sfavillanti, di bruschi passaggi di proprietà, di ribassi inverosimili, prendono corpo in una serie di numeri che l'assessore Roberto Tasca squaderna ieri a Palazzo Marino. Numeri che raccontano come i tre principali recinti del business milanese - il commercio, il mattone, gli appalti pubblici - si siano affollati in questi anni di capitali oscuri. Quando si va a scavare, spesso si arriva in un paradiso fiscale. Ma in tempi più recenti, un nuovo inquietante nemico prende corpo dietro alcuni di questi capitali, ed è quello del terrorismo islamico.

Centottanta milioni di euro: a tanto ammonta il tesoro di provenienza oscura finito nel mirino del Comune. Sono i dati delle segnalazioni che il Comune è obbligato a trasmettere all'Uif, l'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia in base alle normative antiriciclaggio. Chi meglio di un ente locale ha gli strumenti per cogliere i segnali d'allarme? Di operazioni sospette denunciate in questi anni da Palazzo Marino all'Uif ce ne sono state veramente tante. E per ogni operazione finita nel mirino, l'esperienza dice che molte altre passano senza farsi notare.

Complessivamente, le segnalazioni trasmesse dal Comune all'Uif riguardano 1.954 operazioni economiche, che chiamano in ballo 119 persone giuridiche (ovvero società) e 102 persone fisiche. Sono operazioni di ogni genere, ma accomunate da una costante: avere generato quasi sempre non utili ma perdite, nell'ordine circa del 20 per cento del capitale.

Una piccola parte delle società «segnalate» dal Comune ha sede all'estero in paradisi fiscali; mentre l'analisi delle 102 persone fisiche oggetto di indagine dice che sono 85 italiani e 17 stranieri; degli italiani, quarantuno (poco meno della metà) sono originari di zone del Paese «ad alto rischio di infiltrazione mafiosa», cioè Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. È un dato che conferma il sospetto che tra i capitali sporchi che penetrano nell'economia milanese quelli di provenienza del crimine organizzato continuino ad avere un peso importante, nonostante inchieste e retate che si sono succedute in questi anni.

Subito dopo, Tasca indica il dato che riporta all'allarme terrorismo, e in particolare all'utilizzo di Milano non solo come piazza di reclutamento ma anche per il riciclaggio dei fondi delle organizzazioni estremiste: su diciassette stranieri colpiti dalla segnalazione, ben quattordici provengono da cinque paesi «considerati ad alto rischio in relazione al finanziamento del terrorismo di matrice islamica». Dall'Uif, le segnalazioni vengono poi inoltrate - a seconda dei casi - alla Guardia di finanza o alla Dia, la Direzione antimafia.

Ma in base a quali criteri scattano le segnalazioni da parte degli impiegati del Comune? I fattori di allarme, in realtà, sono piuttosto superficiali: per le operazioni commerciali o immobiliari ci si attiva - per esempio - se a presentare le pratiche è un noto prestanome, o se lo stesso ristorante passa di mano o viene affittato troppo frequentemente, o se rimane aperto pur scarseggiando di clienti; per le aziende interessate agli appalti, se un titolare ha precedenti penali, presenta una fidejussione estera, l'utilizzo di indirizzi di comodo, eccetera.

Il riciclaggio più raffinato a queste maglie sa sfuggire.

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