Cronaca locale

«Città avara coi bimbi Sulle aree di Expo apriamo Disneyland»

Nuova campagna elettorale per il docente «Ho scelto Parisi, con lui si può cambiare»

P rofessore di estetica all'università, assessore alla cultura nella giunta di Gabriele Albertini, Stefano Zecchi ha uno sterminato curriculum fra accademia e saggistica, incarichi e letteratura. E ora inizia la sua quinta campagna elettorale, candidandosi per le prossime elezioni comunali nella lista civica di Stefano Parisi.

Allora professore, perché questo ritorno?

«La giunta in scadenza, obiettivamente, non ha dato i risultati sperati. Ho scelto di impegnarmi per dare un contributo. E poi me l'hanno chiesto, più volte, dei veri amici».

Fra questi amici c'è per caso l'ex sindaco Albertini?

«Diciamo che il colpevole è lui».

Ha scelto Parisi per questo nuovo impegno.

«Io desidero cambiare e non si può cambiare con il centrosinistra, che non è certo il mio schieramento. Parisi è riuscito a mettere insieme anime diverse».

Lo ha conosciuto da direttore generale? Cosa vorrebbe cambiare con lui?

«Sì, quando ero assessore. E ci sono tante cose che dovevano essere più presenti anche con la Moratti ma in seguito sono state del tutto trascurate. Un tema che mi sta a cuore è quello dell'attenzione ai bambini. Questa Milano è avara con i bambini. Non parlo di scuola ma di tutto ciò che è tempo libero, aggregazione, di sport».

Gli amministratori uscenti le risponderebbero che c'è il Muba e l'assessorato al Tempo libero.

«Basta andare a Torino per verificare che Milano è in ritardo. Io credo che potremmo dare un bel segnale con un grande parco dedicato ai bambini nelle aree Expo. Alla presentazione ho parlato di Disneyland e ho avuto un'ovazione ma ci sono anche parchi tematici. L'area potrebbe essere data in comodato d'uso».

Sulle aree Expo ci sono progetti vari.

«Quello di Renzi non ha senso. Le università non andranno mai lì. Si radicano per tradizione. Negli anni Sessanta già si parlava di spostare la Statale. Spostare sette università più due vorrebbe dire aprire una discussione infinita. E se non si interviene rapidamente quell'area diventa un'area di degrado».

L'Expo le è piaciuto?

«Sul piano della comunicazione è stato un grande evento. Ma è stata un'occasione che poteva essere gestita anche meglio».

Gestita dall'avversario di Parisi. Beppe Sala lo conosce?

«Sì ma il problema non è mai una persona. Un sindaco è come un direttore d'orchestra, se uno stecca va tutto all'aria. Pisapia, che è intelligente, ha capito che non ha le persone giuste che lo seguono».

Le dimissioni dell'assessore Boeri.

«Se uno va fuori tempo l'orchestra non può più suonare. C'erano tensioni, evidentemente. Ma non amo parlare delle persone».

Allora non le chiedo di Daverio, che prima si è candidato e poi si è «scandidato».

«Più voci ci sono e meglio è, ma io non avevo capito lo spostamento, lo avrei visto meglio con Sala. Era la testimonianza di una persona intelligente che aveva capito che con Parisi era meglio. Poi non so, ha fatto e poi disfatto ma ci sono tanti modi per dare una mano. Parliamo del futuro».

E lei che strumento vorrebbe suonare nell'orchestra di Parisi?

«Non scelgo io ma non vorrei certo occuparmi di bilancio. A Milano ci sono grandi potenzialità nella cultura. Abbiamo 200mila studenti, sono una ricchezza da coinvolgere nel tessuto urbano. Come gli ospedali di cura e ricerca, eccellenze mondiali da coordinare. Poi penso a un museo di arte contemporanea. Anzi, un non-museo, un museo aperto, visto che l'arte contemporanea non si può musealizzare, Arte 21. Per Palazzo Reale, Pac e museo del novecento serve una fondazione...».

Ha dedicato molte delle sue energie alla Grande Brera...

«C'ero quasi riuscito. Ho molto lavorato al progetto della biblioteca europea. Un altro mio pallino è la fiera del libro che ci siamo fatti sfilare. Quel modello è superato ma vedrei bene una nuova fiera che tenga presente la rivoluzione digitale in atto».

E la moschea a Milano di cui si parla negli ultimi tempi, le piacerebbe?

«Tutti devono poter pregare ma bisogna stare attenti, c'è un problema di indottrinamento.

Credo sia meglio aspettare un momento».

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