Cronaca locale

La città è chiusa per ferie Ora scatta l'allarme Expo

Turisti disorientati tra serrande abbassate e assenza di informazioni Cosa succederà il prossimo anno con milioni di visitatori in più?

La città è chiusa per ferie Ora scatta l'allarme Expo

Ci risiamo. In questi giorni trovare un bar aperto è come partecipare ad una caccia al tesoro, ma meno divertente. Soprattutto a Milano e soprattutto in centro. C'eravamo illusi, pensavamo che, visto che ormai da anni e per diverse ragioni aumenta il numero delle persone che ad agosto resta in città (quasi la metà dei lombardi, secondo la Camera di commercio), gli esercizi pubblici si fossero adeguati alla nuova situazione, convinti anche da chi di dovere, l'amministrazione comunale. Per la quale quest'anno in agosto il numero dei negozi aperti sarà del 10 per cento in più dell'anno scorso. Be', a occhio, francamente proprio non risulta. E poi, quali negozi? E dove? Il centro, come dicevo, sembra particolarmente colpito da questa sindrome della desertificazione. Certo, non è più, per fortuna, come tanti anni fa, quando la città sembrava come evacuata per paura di un flagello biblico. Ma se oggi già durante l'anno è impossibile prendere un caffè in centro dopo le otto di sera (movida a parte) in questi giorni il blackout vale anche alle 11 del mattino o alle 6 del pomeriggio. Si assiste allo spettacolo deprimente di gruppi di turisti vaganti da un marciapiede all'altro come anime in pena e invocare informazioni per poter bene un bicchier d'acqua. Per fortuna a Milano ci sono ancora le «vedovelle», le amate fontanelle sempre funzionanti: a loro il merito di evitare casi di disidratazione. Intendiamoci, baristi e ristoratori hanno diritto di fare le loro vacanze - senza dimenticare, però, che, piaccia o non piaccia, essi forniscono anche un servizio pubblico. Tuttavia la responsabilità principale del problema è, ovviamente, dell'amministrazione, dell'assessore al Commercio, a cui compete le gestione del fenomeno. Franco D'Alfonso definisce questo teorico (da verificare) incremento del 10 per cento di negozi aperti «un segnale piccolo ma importante della capacità dei commercianti di adeguarsi». Molto piccolo, in effetti, ma «adeguarsi» a cosa? Giacché quello che conta non è quante saracinesce in più o in meno restino alzate ma il rapporto fra esercizi funzionanti e presenze in città, cioè milanesi più turisti. Un rapporto che, aldilà delle declamazioni propagandistiche, anno dopo anno peggiora. Apprezziamo molto che a Palazzo Marino in questi giorni mostrino di preoccuparsi anche dell'acqua per i cani e della possibilità che si possa entrare in un bar per un bisognino senza essere costretti a consumare. Giusto. Ma forse è il caso che comincino a preoccuparsi anche dei turisti e dei visitatori in genere. Soprattutto perché l'anno prossimo di questi giorni siamo in piena Expo, per la quale sono già stati venduti 5 milioni di biglietti, segnale di un afflusso di pubblico non inferiore alle aspettative. Il buon senso vorrebbe, dunque, che nell'agosto 2015, Milano, allora ormai città metropolitana, fosse tutta, ma proprio tutta aperta e funzionante – altro che 10 per cento in più! - per accogliere nel migliore dei modi una massa di turisti, almeno il triplo dei dati relativi al 2013, per la quale – ammettiamolo – al momento la metropoli non sembra adeguatamente attrezzata. Come pensa di fare D'Alfonso per convincere bar e ristoranti, tutti ma proprio tutti, a saltare una stagione di vacanze? E evidente che il problema va affrontato parlandone con le organizzazioni e le categorie interessate ed è auspicabile che questo dialogo sia già cominciato.

Ma se dobbiamo giudicare dalla capacità finora dimostrata da questa amministrazione di convincere commerciati ed esercenti a tenere maggiormente conto delle esigenze della città, be', non stiamo sereni.

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