Cronaca locale

“Com’è bella la città”, tornano gli spettacoli al buio

Benvenuti al teatro al buio, Istituto dei ciechi di Milano (via Vivaio7)

“Com’è bella la città”, tornano gli spettacoli al buio

Accomodarsi a teatro. Al buio. Appoggiare la mano sulla spalla di uno spettatore sconosciuto per riuscire a orientarsi e raggiungere la poltroncina. E lo sconosciuto, a sua volta, è sostenuto da un altro e via così. In testa c'è la guida, cieca. Perchè quando il buio è pesto solo i ciechi sanno muoversi. Chi non vede mai nulla, qui riconosce ogni angolo, ci fa strada e ci incoraggia, mentre noi abbiamo paura. È il mondo al contrario, la verità oltre l'apparenza. Benvenuti al teatro al buio, Istituto dei ciechi di Milano (via Vivaio7).

Un’iniziativa che ha già qualche anno come l’omonimo percorso (si salpa sull’acqua, si tastano i frutti della cucina, si sorseggia una bibita pagandola al cameriere, insomma, si vive da ciechi) che almeno una volta tutti si dovrebbe provare. Lo spettacolo del prossimo mese è "Com'è bella la città" (dal 21 al 24 maggio compresi) tratto da una famosa canzone di Giorgio Gaber. Sulla scena a farci immaginare com’è stata Milano anni fa, Gianfelice Facchetti, attore e regista, accompagnato dal musicista Stefano Covri. Il testo è scritto da Alessandra Scotti. La storia di un uomo nato e cresciuto in città pare quasi di toccarla. Come il Duomo, il bar Motta (“cappuccino e caffè”), la Scala e la Fiera campionaria.

Dalle case di ringhiera al boom economico fino a Tangentopoli. Tutto scorre, evidenziato dal timbro della voce di Facchetti. “Milano è ancora una città da ascoltare, narrare e cantare – rivela Facchetti – Dedichiamo questa storia a chi sente, in cuor suo, che la bellezza è ancora di casa e non passa solo dagli occhi. Il buio permette un ascolto più intimo e raccolto. Dico di più, si crea un’atmosfera quasi magica: gli spettatori entrano in fila indiana con la mano appoggiata sulla spalla di una persona sconosciuta che fino a poco prima era un semplice concittadino. Come per magia scattano all’istante fiducia e complicità, cose che sul metrò o in mezzo al via vai di tutti i giorni nemmeno te le sogni. I suoni sollecitano i ricordi, tutto è a portata di mano.

Senza paura di toccare, senza spavento per l’incontro”.

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