Cronaca locale

Il Comune non vuole regole su centri e moschee abusive

Il vicesindaco contesta il giro di vite della Regione Replica: «Basta preghiere in macellerie e scantinati»

Il Comune non vuole regole su centri e moschee abusive

Comune e Pd da una parte, Regione e centrodestra dall'altra. Sulle moschee, il fossato si allarga. Mentre il centrodestra propone la legge anti-moschee come modello per un intervento normativo nazionale, il Comune chiede al Pirellone di fare retromarcia. La legge «anti-moschee» a Palazzo Marino non riescono proprio a mandarla giù. E lo conferma la storia degli ultimi due anni di questa Odissea senza fine.

IL BANDO FALLITO

Fino alle elezioni comunali, per mesi e mesi Palazzo Marino ha finto che non esistesse la normativa regionale sui luoghi di culto (una normativa peraltro preesistente al 2015). Non solo: ha perso tempo bruciando (nell'agosto dell'anno scorso) la possibilità di una corsia preferenziale per uniformare i suoi strumenti urbanistici. Forse temporeggiavano, a Palazzo Marino, confidando in una bocciatura della legge da parte della Corte Costituzionale.

LA SENTENZA DELLA CONSULTA

Il verdetto della Consulta, però, quando è arrivato, è stato largamente favorevole alla Regione, che ha visto l'impianto della legge passare indenne all'esame dei giudici costituzionali, attivati dal ricorso del governo. Nel frattempo, il piano moschee del Comune vivacchiava in una dimensione di incertezza e precarietà, difforme com'era dalla legge anti-moschee, sovraordinata e pienamente in vigore.

IL NUOVO ITER COMUNALE

Pochi mesi dopo, quando la fascia tricolore è passata da Giuliano Pisapia a Beppe Sala, la nuova giunta - resasi conto del pasticcio in cui la precedente si era cacciata col bando delle tre aree - ha colto la palla al balzo cancellando tutto e indicando nella «nuova» legge regionale la ragione della tabula rasa. In seguito il Comune ha riavviato il percorso per trovare una soluzione al caso moschee, con l'obiettivo di accontentare in qualche modo i centri islamici rispettando al contempo le regole «imposte» dal Pirellone.

LA CIRCOLARE REGIONALE

In Regione, intanto, preso atto della terribile recrudescenza del terrorismo jihadista in Europa, stavano già lavorando a un nuovo giro di vite. Non un intervento di legge, ma una circolare semplice semplice: sedi di associazioni e centri islamici d'ora in poi sono equiparati alle moschee in senso stretto.

PALAZZO MARINO ATTACCA

Su questa circolare la vicesindaco Anna Scavuzzo è intervenuta ieri: «È un provvedimento che nei fatti porta a ostacolare l'esercizio della libertà religiosa» ha detto. «La circolare emanata pochi giorni fa ribadisce un approccio di difficile applicazione, presupponendo controlli nei confronti di tutte le realtà d'ispirazione religiosa e impedendo di procedere alla emersione dall'illegalità di luoghi di culto in tutta la Lombardia, con il solo effetto di peggiorare il rapporto con le comunità religiose e di incentivare la diffusione di luoghi di culto irregolari». «Per questo ha concluso - mi permetto di invitare il Pirellone a ripensare la norma in ragione del suo obiettivo dichiarato: regolamentare, e non impedire, la realizzazione di nuovi luoghi di culto, lasciare libertà di professare la propria religione nel rispetto delle norme e della Costituzione del nostro Paese, combattere il fenomeno del radicalismo religioso con strumenti realmente efficaci».

LA RISPOSTA DEL PIRELLONE

L'assessore regionale Viviana Beccalossi, che per delega del governatore Roberto Maroni segue la materia, ha replicato. «Comprendiamo che chi ha deciso di piantare palme e banane in piazza a Duomo non possa che avere particolarmente a cuore la cultura e la religione islamica» ha premesso ironica per poi ravvisare «della malafede» nell'accusa. «La legge sui luoghi di culto e la relativa circolare interpretativa -ha spiegato - non fa altro che chiarire un concetto: in Lombardia per costruire e quindi utilizzare strutture in cui i cittadini si ritrovano, in modo continuativo e abituale, per svolgere funzioni religiose bisogna rispettare la legge».

«La Lombardia non vuole impedire di professare una religione - ha concluso - ma evitare che magazzini, scantinati, macellerie e private abitazioni vengano scambiati per luoghi di preghiera».

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