Cronaca locale

Il Comune spende soldi per insegnare ai rom a prendere la case Aler

Il Comune di Milano spende quasi 180mila euro per sgomberare i campi e aiutare chi vi abitava a trovare altri alloggi

Il Comune spende soldi per insegnare ai rom a prendere la case Aler

Quando il 19 agosto scorso il Comune chiuse dopo 26 anni il campo nomadi di via Idro per le difficili condizioni igieniche in cui versava e per i problemi di sicurezza urbana che creava, preannunciò una serie di iniziative «di accompagnamento per l'inserimento sociale e lavorativo» delle famiglie rom e sinti che vi abitavano. Adesso si conosce la cifra stanziata complessivamente, non solo per gestire la chiusura di via Idro, ma anche per altri insediamenti abusivi già sgomberati, come via Novara e via Martirano, e per quelli che saranno smantellati in via Negrotto, Bonfadini, Chiesa Rossa e Impastato: 179.457 euro.

Una somma suddivisa in due tranches: 32.900 da spendere nei prossimi tre mesi e mezzo, fino al 31 dicembre di quest'anno, e 146.556 per il 2016. Soldi che, si legge nella determina dirigenziale, saranno usati non solo per «superare gli insediamenti irregolari» e «contrastare le forme di degrado e illegalità» diffuse sia nei campi abusivi che nelle aree destinate a quelli regolari, ma anche per «promuovere la piena inclusione» e «contrastare e superare forme di discriminazione e di negazione della dignità della persona». In concreto, vuol dire che chi prima abitava nei campi sgomberati o in via di chiusura sarà aiutato su vari fronti. Dalla ricerca di un impiego con progetti di orientamento lavorativo al monitoraggio dell'inserimento dei bambini nelle scuole. Le famiglie saranno anche supportate con delle «forme di educazione finanziaria» in modo che imparino a gestirsi e, soprattutto, ad «affrontare l'abitabilità al di fuori dal campo». Già, perché una volta che un campo viene chiuso, una volta che l'insediamento è smantellato, il tema è: queste persone dove vanno a vivere?

I soldi stanziati dal Comune serviranno anche per assistere rom e sinti in tutte le procedure di accesso all'edilizia residenziale pubblica: una giungla, quella delle domande e delle graduatorie per le case Aler, in cui spesso è difficilissimo districarsi anche per chi in Italia è nato e cresciuto. Oppure saranno spesi per aiutarli a partecipare ai bandi pubblici di assegnazione di alloggi messi a disposizione da altri enti, a cominciare da Pio Albergo Trivulzio e Ca' Granda.

È in particolare questo punto a raccogliere le critiche del centro destra in Comune. A cominciare dal consigliere di Fratelli d'Italia Riccardo De Corato, che fa notare come la cifra complessiva stanziata da Palazzo Marino salga a 300mila euro considerando «i 107.579 per il servizio di “gestione sociale e sanitaria delle aree abitative del Comune destinate a cittadini di origine rom e sinti“». Il problema, secondo De Corato, è che si tratta di «soldi statali, quindi di tutti i cittadini che pagano onestamente le tasse». E che perciò, sostiene, «potevano andare, per esempio, a tutte quelle famiglie che si trovano nella stessa situazione».

Come quella donna milanese con cinque figli, in attesa di una casa dal 2012, che per mesi si è ritrovata costretta a dormire su una panchina del parco: «il Comune - attacca ancora il consigliere azzurro - ha aspettato che i giornali denunciassero la cosa.

E ci sono altre persone in queste condizioni: ma nel loro futuro c'è la panchina ai giardinetti, mentre per i nomadi si pagano alloggi, pulizia e pure servizi sociali e di accompagnamento».

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