Cronaca locale

Corteo del Primo Maggio La città in fiamme ma c'è un solo colpevole

La prima sentenza per il reato di devastazione Un unico condannato, per gli altri l'accusa cade

Cristina Bassi

Le devastazioni del Primo maggio 2015 hanno un solo colpevole. È questa la verità processuale (alla fine dei procedimenti di primo grado) sulla manifestazione dei No Expo che ha messo a ferro e fuoco la città oltre un anno fa. Ieri il gup Roberta Nunnari ha inflitto con il rito abbreviato tre condanne e disposto un'assoluzione. Ma per il reato di devastazione, che era l'accusa più grave, ha comminato solamente una pena. Le altre due riguardano esclusivamente quello di resistenza a pubblico ufficiale.

Dei quattro imputati a processo per la guerriglia No Expo, Andrea Casieri è stato condannato a tre anni e otto mesi di carcere con le attenuanti generiche per devastazione e incendio, resistenza e travisamento. Per lui il pm Piero Basilone aveva chiesto cinque anni e otto mesi. Edoardo Algardi e Niccolò Ripani sono stati condannati rispettivamente a due anni e due mesi e a un anno e otto mesi per resistenza (erano stati chiesti quattro anni e quattro mesi). Alessio Dall'Acqua infine è stato assolto da tutte le accuse. Algardi e Ripani si trovavano ai domiciliari. Il primo potrà chiedere la revoca della misura, mentre per il secondo la pena è stata sospesa ed è tornato libero. Anche Dall'Acqua è stato subito scarcerato: aveva trascorso sei mesi in carcere e da circa un mese si trovava in comunità. Casieri era e rimane in cella. Gli imputati condannati dovranno inoltre risarcire 15mila euro al ministero dell'Interno, che ne aveva chiesti 300mila. Il risarcimento per Unicredit, che era pure parte civile per due filiali danneggiate, sarà quantificato in sede civile. Mentre il Comune di Milano non si era presentato al processo per chiedere i danni, nonostante le promesse di Giuliano Pisapia all'indomani della guerriglia. Le motivazioni della sentenza si conosceranno tra novanta giorni.

Le difese, rappresentate dagli avvocati Eugenio Losco, Mauro Straini, Luigi Pelazza e Niccolò Vecchioni, si dicono soddisfatte per la decisione. La sentenza, spiegano Losco e Straini, dimostra che almeno tre dei giovani imputati «non facevano assolutamente parte del cosiddetto blocco nero. Sono stati assolti dalla devastazione per non aver commesso il fatto, perché non ci sono prove sul loro concorso nel reato e sono stati arrestati e detenuti malgrado non avessero commesso alcuna devastazione». Quella per la devastazione, aggiungono, è una condanna «al minimo della pena. Il quadro iniziale, quando è partito il processo, era pesantissimo. Perciò il risultato è buono». Il reato di devastazione e saccheggio prevede pene da otto a quindici anni. E anche le condanne per la resistenza sono piuttosto lievi, se si considera che quelle patteggiate per episodi analoghi sono intorno ai due anni. La Procura ha accolto comunque positivamente il riconoscimento della devastazione, seppure per un solo imputato.

Il bilancio processuale sulle responsabilità di quella terribile giornata è magro. Cinque antagonisti erano stati arrestati in flagrante il giorno della manifestazione per resistenza a pubblico ufficiale e uso di armi improprie (bastoni e pietre). Uno di loro è stato assolto, gli altri quattro sono stati condannati - tra patteggiamenti e riti abbreviati - a pene fino a due anni. L'accusa di devastazione e saccheggio però era stata contestata a dieci persone arrestate lo scorso 12 novembre. Per cinque greci il tribunale di Atene non ha concesso l'estradizione.

Un anarchico milanese è tuttora latitante e gli ultimi quattro sono stati giudicati ieri: l'accusa più pesante ha retto solo per uno di loro.

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