Cronaca locale

«Così Beatrice uccisa un'altra volta»

«Così Beatrice uccisa un'altra volta»

Un paio di giorni in carcere poi El Habib Gabardi, marocchino di 39 anni, il «pirata della strada» costituitosi dopo aver ucciso la sedicenne Beatrice Papetti, è tornato a casa. Il magistrato ha infatti deciso che per lui erano sufficienti gli arresti domiciliari. La famiglia dell'adolescente, sconvolta per l'accaduto, ha appreso con sgomento la notizia giudicandola «inaccettabile». «La giustizia italiana ha ucciso mia figlia per la seconda volta» ha dichiarato papà Nerio.
Lo schianto, la corsa inutile in ospedale, il dolore immane di perdere una figlia giovanissima in un incidente dove l'autore non si è nemmeno fermato a prestarle soccorso. La vita della famiglia Papetti, padre, madre e due splendide ragazze, si è fermata alla sera di mercoledì 10 luglio. Attorno alla mezzanotte di dodici giorni fa, Beatrice Papetti è morta a pochi metri da casa, falciata da una Peugeot Ranche blu metallizzato fuggita via senza lasciare traccia. A guidarla era Gabardi.
«Gli incidenti possono capitare – aveva dichiarato il giorno dopo il padre della vittima – ma ti fermi. Se hai coscienza ti fermi». C'è voluta una settimana invece perché Gabardi andasse a costituirsi ai carabinieri, sette giorni in cui i militari di Cassano D'Adda non hanno mai smesso di dargli la caccia, rintracciando il modello della sua auto e ricostruendo i suoi spostamenti attraverso le telecamere di videosorveglianza disposte lungo le strade di Gorgonzola e dei comuni vicini.
Il 39enne coinvolto nell'incidente, commerciante ambulante residente a Roncello, nel frattempo aveva nascosto il veicolo in un garage di Milano, perché non venisse rintracciata e collegata a lui. Quando la stretta degli investigatori ha iniziato a stringersi, il marocchino è andato a consegnarsi spontaneamente in caserma mercoledì, a sua detta perché «stravolto dal rimorso». Ha poi spiegato di non aver visto la giovane, che stava attraversando la strada in bicicletta insieme al cugino Giovanni di 18 anni, ne di essersi reso conto di averla falciata. Ha sentito l'urto, ha pensato a una vettura ma è scappato perché l'auto non aveva fatto la revisione e l'assicurazione non avrebbe risarcito i danni. «Ho saputo che la sedicenne era morta il giorno dopo dalla televisione. Sono andati a confidarmi con l'imam di Pioltello che mi ha consigliato di costituirmi».
Un uomo distrutto dunque, ma sono in molti a credere che il magrebino l'abbia fatto solo perché si è sentito braccato. La famiglia Papetti non ha creduto al pentimento dell'uomo. «Sapeva che l'avrebbero preso, non aveva scelta – disse papà Nerio il giorno dell suo arresto – una persona non nasconde l'auto e getta il cellulare. Non credo molto alla storia del pentimento e non voglio sentire parlare di scuse, mi auguro solo che questa persona non vada fuori domani mattina a fare altri disastri. Che ci sia giustizia». Invece venerdì mattina, dopo l'interrogatorio di Garanzia, il Gip di Milano Alessandro Santangelo ha disposto che l'uomo fosse scarcerato e messo ai domiciliari, nonostante il Pm Laura Pedio avesse chiesto il carcere come misura cautelare.
Nerio Papetti, occhiali da sole sugli occhi e volto tirato, ora è sconcertato «Una decisione inaccettabile non è normale. Questa persona ha la famiglia all'estero, rimarremo con il suo passaporto in mano, perché scapperà».

Papà Nerio, che oltre a fare il volontario del 118 lavora con persone provenienti da varie parti del mondo, non accetta il lassismo del nostro sistema giudiziario «Ho amici e colleghi stranieri che mi raccontano di come sia severa la legge nei loro paesi - conclude - le leggi italiane hanno ucciso mia figlia una seconda volta».

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