Cronaca locale

«La cultura? Non la faremo soltanto con le mostre»

L'assessore rilancia il tema delle periferie: «Punto su Bicocca e riqualificazione degli scali ferroviari»

Mimmo di Marzio

Quando nel 2011 conquistò la poltrona di assessore alla Cultura al posto di Stefano Boeri, Filippo Del Corno era stato chiaro sulla sua idea di Milano: «Bisogna riattivare una condivisone della cultura, perchè la città ha già una rete molto forte di eventi, idee e intelligenze». Ora, alla sua seconda legislatura, è ancor più convinto di una politica culturale senza voli pindarici o investimenti imponenti, tanto più che di soldi in cassa ce ne sono sempre meno. Musicista compositore e figlio di un grande grecista, preferisce l'orchestra o l'agorà agli assoli e ai monologhi ingombranti. Proprio in questi giorni è infatti al tavolo per discutere un protocollo di accordo che metta in rete i centri culturali nati in questi anni nel quartiere Bicocca, dall'Hangar agli Arcimboldi. Nelle prossime settimane terrà a battesimo le nuove mostre di autunno, che preannunciano nuovi record di visitatori: da Pietro Paolo Rubens e Jean-Michel Basquiat, al Giappone di Hokusai, Hiroshige e Hutamaro.

La cultura in periferia è un consueto cavallo di battaglia soprattutto a ridosso delle elezioni. E le mostre con i grandi titoli servono spesso a nascondere la polvere sotto il tappeto...

«Invece io credo davvero nel policentrismo culturale come motore di trasformazione della geografia urbana. Guardi come ha cambiato volto lo Scalo Romana grazie alla Fondazione Prada. L'area Bicocca, poi, ha un potenziale esplosivo per la città con poli per l'arte contemporanea, per i grandi concerti e per la cinematografia. Solo che la mano destra spesso non sa cosa fa la sinistra e il pubblico ancora meno. Servono progetti comuni, interconnessioni, per me la cultura è questo».

La Bicocca sconta una serie di errori urbanistici, i collegamenti pubblici sono scomodi e la gente non ci va volentieri.

«A volte ci sono pregiudizi, perchè esistono soluzioni combinate tra Metro lilla, autobus e bike sharing. Io dico che se ci fossero programmi combinati, si potrebbe vivere Bicocca tranquillamente a piedi per una giornata di cultura: al mattino una mostra all'Hangar, il pomeriggio una visita al Museo del Cinema e la sera un concerto con i Pomeriggi Musicali».

Quali sono i progetti per altre periferie?

«Un punto cruciale resta il programma di riqualificazione degli scali ferroviari. Poi ci sono sfide importanti come il futuro Teatro Maciachini che sarà interamente dedicato all'infanzia e all'adolescenza».

Veniamo agli spazi espositivi e ai musei. Il Padiglione d'arte contemporanea pare abbandonato all'oblio, il Mudec una grande occasione mancata...

«Sono d'accordo a metà. A inizio legislatura il Pac era in piena crisi di identità perchè esautorato dalla sua funzione di osservatorio sull'arte contemporanea. Noi abbiamo creato un comitato scientifico che gli sta riconsegnando un ruolo».

Quale?...

«Uno sguardo a volo d'uccello sulle culture extraeuropee. Abbiamo iniziato con gli artisti contemporanei di Cuba, proseguiremo con la Cina e l'Africa. Ma daremo anche spazio a retrospettive di artisti italiani che hanno avuto rapporti con Milano, come Armin Linke o Luca Vitone».

E il Mudec?

«Il Mudec è l'esperimento di un centro polivalente tra collezione permanente, incontri e focus sugli artisti che hanno messo in relazione culture lontanissime tra loro, come Mirò e Basquiat».

Che però sembrano titoli per Palazzo Reale. A proposito, Mudec e Museo del '900 sono da tempo musei senza direttore, visto che Marina Pugliese è emigrata negli Usa. Che farete?

«Stiamo preparando un bando per la direzione di un polo che riunisca Mudec, Arengario e Galleria d'arte moderna, con l'obbiettivo di rilanciare il '900 italiano e mettere al centro il tema della modernità».

A proposito di modernità: a quando un bistrot che renda un po' più vivibile la Gam?

«Prometto che si farà. Ho già vinto la battaglia al Castello Sforzesco...

».

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