Cronaca locale

Darsena, Expo e palazzi Ora Milano piace (e Pisapia ruba i meriti)

La sinistra criticava cantieri e cemento e adesso esalta il nuovo volto della città Potere delle elezioni che si avvicinano

di Carlo Maria Lomartire

Una bella capriola, un bel «contrordine compagni» e - opla! - ecco che improvvisamente per i giornaloni Milano diventa bella vivibile attrattiva vivace coltissima avveniristica innovativa e ricca di energia. Perfino gioiosa e sorridente. Insomma tutte quelle cose che per anni ci è stato raccontato quanto ci mancassero e che ci è stato imposto di invidiare a Barcellona o a Berlino, a Vienna o ad Amsterdam. Ma cos'è successo, a cosa è dovuto questo improvviso cambiamento di umore, di attenzione e disponibilità verso Milano?

I più maligni possono pensare che sia dovuto al fatto che fra qualche mese si vota per il nuovo sindaco e a quello uscente bisogna pur dare qualche merito, nonostante abbia combinato ben poco. Perché se è vero che Giuliano Pisapia ci ha informati con largo anticipo che non intende ricandidarsi, del magro bilancio della sua giunta alle prossime elezioni rischia di dover comunque rispondere la maggioranza di centrosinistra e il candidato che essa proporrà ai milanesi. Ma forse questa è una banalità politichese. Mentre tutt'altro che ovvia e banale è una constatazione: tutto quello che adesso di Milano piace tanto ai giornaloni e ai loro commentatori di lusso è stato per anni durissimamente contrastato da partiti, movimenti, centri sociali e comitati vari che poi proprio in questa maggioranza arancione sono confluiti, che su tutti questi «no» hanno perfino organizzato dei referendum e intorno a tutti questi «no» hanno messo insieme il programma di Pisapia (peraltro ampiamente disatteso anche quello).

Ricordate? «No Expo», fortissimanete no a quell'Expo che adesso è considerato la grande vetrina globale della nuova Milano aperta sul mondo. E pazienza se lo ha voluto e conquistato un sindaco di centrodestra, Letizia Moratti. E i grattacieli, cosa non si è detto e scritto dei grattacieli da parte di certe mature archistar capaci di progettare quartieri che fanno pensare alla periferia di Bucarest, come di sciure per le quali la città dovrebbe essere tutta come via della Spiga o corso Magenta, un ricco paesone di lusso. Adesso invece tutti a contemplare compiaciuti il pinnacolo della torre Unicredit dalla bella piazza Gae Aulenti o il policromo Diamante o i due Boschi Verticali o il più alto grattacielo d'Italia sull'aria della vecchia Fiera. La nuova skyline di Milano ora piace molto e inorgoglisce i milanesi improvvisamente affamati di modernità. E pazienza se tutta questa nuova urbanistica è stata progettata e avviata da un altro sindaco di centrodestra, Gabriele Albertini. D'altra parte con questi due sindaci sono impostati anche i lavori per le due nuove linee della metropolitana, la 4 e la 5, e ancora pazienza se invece con la giunta arancione ha provveduto a ritardare il più possibile la loro realizzazione. E la tanto decantata Darsena, completata adesso in qualche modo? Se la sua sistemazione è durata un decennio, con la rinuncia al molto più ambizioso progetto originale, la responsabilità è anche delle ottuse resistenze dei solititi comitati; gli stessi che adesso, ad esempio, manifestano sotto Palazzo Marino contro il progetto di costruire al Portello il nuovo stadio del Milan. Certamente ricorderete anche il lungo piagnisteo per la mancanza di alberi, con mobilitazione di star e grandi firme oltre alle solite dame blasonate. Bene, quanti alberi sono stati piantati nell'era Pisapia? Zero. Molti, anzi, ne verranno inevitabilmente abbattuti per costrure la M4, ma il problema non si pone più. E pensare che basterebbe ripiantumare strade un tempo belle e ora penosamente degradate come via Benedetto Marcello o portare finalmente al suo destino di grande boulevard l'asse Sempione-Certosa. Pare, insomma, che siano improvvisamente cambiati i milanesi, ora entusiasti della loro città tanto che nulla hanno più da pretendere.

E invece no, i milanesi sono sempre gli stessi mentre è cambiato il punto di vista dei giornaloni e dei loro commentatori di lusso. Che abbiano capito che, insomma le cose bisogna farle?

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