Cronaca locale

Debutta la nuova sanità (con i dubbi dei medici)

Presentata la riforma all'ospedale San Paolo Carceri e poliambulatori, i nodi da sciogliere

La riforma regionale della sanità è tutt'altro che pronta. Il percorso da fare da qui alla discussione in aula, programmata per il 14 luglio, è ancora lungo. E basta parlare con i medici dei punti del nuovo sistema socio sanitario che sorgono mille domande. A cui non sempre - o non ancora - c'è risposta.

E' accaduto ieri all'ospedale San Paolo, prima uscita pubblica della riforma sanitaria nella sua ultima versione approvata in commissione regionale. I dubbi sono ancora tanti. A sollevarli il direttore generale dell'ospedale Umberto Brusini, i medici, gli psichiatri. I punti da chiarire non sono dettagli di secondo piano ma questioni fondamentali che il testo attuale della riforma non snocciola ancora in modo chiaro. Ad esempio la questione dei poliambulatori: da chi verranno gestiti? Che ruolo avranno? Oggi rappresentano una strada alternativa al prontosoccorso per i codici bianchi e per le visite non urgenti. Cosa diventeranno nel post riforma? «Il problema - risponde il relatore della riforma Fabio Rizzi - è ancora aperto, anche se circoscritto solo a Milano. Un'ipotesi di lavoro è quella di creare un'unica azienda. Potrebbero comunque rappresentare un link molto utile tra ospedale e presa in carico del paziente dopo il ricovero». Si affronterà la questione a suon di emendamenti, direttamente durante la discussione in aula.

Altro punto da chiarire: le carceri. Come verrà gestita l'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari? Il tema è caro ai medici del San Paolo che gestiscono anche l'assistenza ai detenuti del 41 bis. Nella riforma non se ne parla chiaramente, ma è un tema da approfondire. Così come è da comunicare con più chiarezza il numero delle aziende ospedaliere. Inizialmente si pensava dovessero sparire e confluire nelle Asst (aziende socio sanitarie territoriali) ad eccezione di quelle con più di mille posti letto, ad esempio l'ospedale Niguarda. Nel confronto con i medici del San Paolo si scopre invece che anche l'ospedale di via Antonio di Rudinì resterà azienda ospedaliera «alla vecchia maniera» in quanto sede universitaria. Così come lo resteranno anche l'ospedale di Varese, di Bergamo e di Brescia, che in corsia ospitano anche gli studenti specializzandi durante i «giri» assieme ai medici. Non è ancora ufficiale invece l'accorpamento del San Paolo con il San Carlo. A parte le correzioni e gli approfondimenti in corso d'opera, finalmente il testo c'è. «Dopo centinaia di incontri - spiega Rizzi - si parla di un provvedimento vero a un passo dall'approvazione. Sono passati 18 anni dall'ultima riforma. Il sistema ha retto ma ora serve una riforma per colmare qualche zona d'ombra, senza tuttavia stravolgere tutto l'apparato». «La vera scommessa - aggiunge Angelo Capelli (Ndc) - è in mano alla classe dirigente che dovrà tradurre in pratica la nuova organizzazione.

Abbiamo inserito nella riforma, come è giusto che sia, anche un sistema premiante per chi raggiunge gli obbiettivi».

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