Cronaca locale

Delitto in fabbrica: due colpi di pistola a un imprenditore

Luca Tromboni, 50 anni, trovato cadavere dalla madre Gestiva con il fratello una piccola fabbrica di viti e bulloni

Delitto in fabbrica: due colpi di pistola a un imprenditore

Un uomo tranquillo, quello che si suol definire «padre esemplare, marito fedele», gran lavoratore, in fabbrica dall'alba a sera tardi, in perfetta armonia con i propri dipendenti. Chi poteva volerne la morte? È l'interrogativo che si stanno ponendo i carabinieri per decifrare la morte di Luca Tromboni, 50 anni, trovato con due proiettili in corpo nello stabilimento di famiglia in via Brenta a Rozzano. Una tragica scoperta fatta ieri all'alba dalla madre, insospettita dalla vettura del figlio ancora parcheggiata nel piazzale.

La Tromboni è una solida ditta fondata nel 1967 da papà Romano, 81 anni, per produrre viti e bulloni speciali: la classica vita del classico imprenditore «lumbard» tutto «casa e bottega» con villetta davanti allo stabilimento. Una realtà solida, trasmessa ai figli Luca e Sandro, 43 anni, arrivata a impiegare 35 dipendenti. «Quando c'è stata la contrazione delle commesse - spiega Gjuzi Fatmir, albanese di 48 anni da 15 alla Tromboni - il signor Luca ha chiamato gli operai più anziani e con un forte incentivo li ha convinti ad andare in pensione». Dunque nessuna tensione sindacale, né particolari problemi economici. Luca Tromboni del resto è uno che l'azienda di famiglia la «viveva» praticamente dall'alba a notte tarda. Una vitaccia visto che, a differenza del fratello che aveva preso una villetta a due passi dallo stabilimento, era costretto a fare il pendolare da via Manara 68 a Lesmo, dove abitava con moglie e figlio di 15 anni.

Anche venerdì è stata una giornata come tutte le altre, con la luce del suo ufficio accesa e l'auto parcheggiata in cortile fino alle 23.30, ora in cui mamma Angiolina, 75 anni, per l'ultima volta guarda dalla finestra di casa. Ieri erano le 6 quando la donna si è svegliata e ha gettato fuori lo sguardo, quei due elementi le sono però sembrati strani. È scesa, ha attraversato la strada, in quel tratto priva di telecamere, è entrata in stabilimento e ha trovato il figlio in un lago di sangue. Più tardi il medico legale conterà due colpi, alla fronte e all'addome.

I carabinieri iniziano a scavare nella vita della vittima senza però individuare al momento moventi validi. Oltre a una certa serenità aziendale, nessun debito, nessun conflitto sindacale, nessun operaio licenziato che volesse vendicarsi, gli investigatori al momento non sembrano aver trovato ombre sulla sua vita. Dunque niente gioco d'azzardo, droga o amanti. Ma neppure la rapina, visto che nulla è stato toccato, compreso il portafoglio della vittima. Unico particolare inquietante, dieci mesi fa mentre rientrava a casa con il finestrino aperto, la vittima stava infatti fumando, fu raggiunto alla fine di via Brenta da un motociclista che lo colpì al volto con il casco per poi dileguarsi. Anche se gli investigatori non sembrano dare molto peso alla vicenda.

Rimane che qualcuno lo ha ucciso. Su un paio di particolari «dirimenti» però i carabinieri preferiscono tacere: se c'erano forzatura all'ingresso dello stabilimento e se la sera prima fosse rientrato a Lesmo. Le prime impressioni però sembrano suggerire un appuntamento giovedì finito in tragedia, il medico legale infatti farebbe risalire la morte a diverse ore prima il ritrovamnto del corpo. Tromboni potrebbe aver ricevuto quella sera qualcuno nel suo ufficio per un'importante discussione. Come la dilazione del pagamento di un debito da parte di un cliente. La discussione potrebbe essere degenerate, l'imprenditore avrebbe minacciato l'interlocutore di mandare le cambiali in protesto, scatenandone la furia omicida.

In questo caso la soluzione del giallo non dovrebbe tardare: basterà vedere con chi ha scambiato messaggi oppure chi ha chiamato, tra loro c'è l'assassino.

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