Cronaca locale

Delpini: "Così la Chiesa è in debito"

Ai preti: "Il vescovo è un bersaglio". Poi: "Come Pietro, ricominciamo dalle lacrime"

Delpini: "Così la Chiesa è in debito"

Dodici ragazzi di dodici nazionalità diverse, giovani donne e uomini sull'altare. A loro lava i piedi l'arcivescovo, Mario Delpini, come Gesù fece con i discepoli durante l'Ultima Cena. Si apre così in Duomo, con la Messa in Coena Domini del giovedì santo, il Triduo, la serie di liturgie che portano alla solenne Veglia di Pasqua. I timbri angelici dei pueri cantores, solisti e coro delle voci bianche, accompagnano la celebrazione in cui il Vangelo di Matteo ricorda il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, che per tre volte ripeté di non essere stato tra i discepoli del Signore e disse persino di non conoscerlo, prima che il canto del gallo gli ricordasse la parola di Gesù, che aveva previsto tutto. E allora pianse amaramente.

Momenti drammatici, che nell'omelia Delpini invita a richiamare in vita, quando ci si sente travolti da «fallimento, sbagli compiuti, disastri provocati», ritenuti «irreparabili». La via della disperazione è scelta da Giuda. La via «promettente» è di Pietro, su cui Gesù edificò la Chiesa.

«Ricominciamo dalle lacrime» amare di Pietro, dice Delpini. Perché «Pietro riprende il cammino alla sequela del suo Signore». Allora: «Ricominciate dal riconoscere la vostra impotenza», «dal pentimento che trafigge il cuore», «dall'umiltà di riconoscere che ogni presunzione è una forma di ottusità, ogni sforzo è destinato al fallimento se costruito sulle proprie risorse, ogni tentativo inadeguato all'impresa di essere discepoli di Gesù».

Al mattino, nella Messa concelebrata con i sacerdoti della Diocesi, Delpini non si è sottratto, sia pur indirettamente, al tema delle accuse che lo lambiscono. Dalla cattedra sulla scalinata: «Mi sono chiesto perché il vescovo parla da questa posizione elevata». Mille tonache, il clero ambrosiano riunito per la Messa crismale del giovedì santo, si sono appena accostate all'altare in fila composta e variopinta per la comunione. «Forse ci si immagina il vescovo come un imperatore con i satrapi», «con il fascino di duemila pretoriani» ironizza, ma è «una figura di potere ridicola». Un punto di riferimento? «Io non sono in grado, riferimento è Gesù e la sua croce». Conclusione agrodolce: «Forse il vescovo è in posizione visibile per essere un bersaglio», «per accusarlo di tutto, anche della contrazione dell'universo». Nell'omelia per i sacerdoti, dice che la Chiesa è «in debito», anche di carità e di parole di speranza: «Contro le contrapposizioni e contro l'indifferenza, contro il risentimento e l'incomunicabilità, la Chiesa deve essere il segno che sono possibili, belli, doverosi l'intesa, il perdono, la condivisione, la premurosa attenzione reciproca, la benevolenza, la stima».

Oggi, Venerdì santo, l'arcivescovo alle 17,30 presiederà in Duomo la celebrazione della Passione del Signore.

Le offerte raccolte in Duomo e in tutte le chiese saranno devolute alla Terra Santa.

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