Cronaca locale

Il detenuto non si trova E così salta l'udienza dello scandalo Maugeri

Tre pubblici ministeri, un giudice, un paio di cancellieri, una ventina - a occhio - di avvocati di grido con staff al seguito, una decina di carabinieri, più il parterre della stampa pronto a raccontare in diretta la prima udienza a carico di Roberto Formigoni, fino all'inverno scorso governatore di Lombardia. E tutto questo schieramento di forze naufraga ieri mattina contro il più surreale degli intoppi: si sono persi il detenuto, ovvero Piero Daccò, l'unico imputato che affronta in ceppi il processo per le tangenti sulla sanità. Il regolamento parla chiaro: i detenuti hanno il diritto di partecipare personalmente alle udienze a loro carico, e se non rifiutano esplicitamente la gita a palazzo di giustizia devono esservi portati dalla polizia penitenziaria.
Ma ieri mattina, nella grande aula della corte d'assise d'appello dove veniva ospitata l'udienza preliminare, di Daccò non c'era traccia. Qualche attimo di incertezza, poi la dolorosa scoperta: il lobbista amico di Formigoni era nella sua cella del carcere di Bollate, dove nessuno lo era andato a prendere. Pare che l'ordine dal palazzo di giustizia di accompagnare Daccò in aula fosse regolarmente partito, ma per l'indirizzo sbagliato, il carcere di Opera, dove Daccò ha trascorso il primo anno di detenzione; invece che alla casa di reclusione di Bollate, dove da un mese circa è stato trasferito a scontare la condanna per la bancarotta del San Raffaele. Quando si sono resi conto del pasticcio, in tribunale hanno fatto partire subito l'ordine. Ma ormai si era fatto quasi mezzogiorno, e prelevare Daccò era ormai impossibile: anche perché Bollate non ha un suo reparto di agenti addetti ai trasferimenti di detenuti, e si sarebbe dovuto attendere che la polizia andasse a prenderlo da San Vittore. Si faceva notte. Così al giudice Maria Cristina Mannoci non resta che prendere atto dell'impossibilità di fare udienza, e rinvia tutti al 25 ottobre. L'accusa per tutti è di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.
L'udienza non ha potuto nemmeno venire aperta. Così la Regione non ha potuto presentare la sua richiesta di costituzione di parte civile nei confronti di Formigoni e del suo staff - tra cui l'ex segretario generale Nicola Sanese e il direttore della Sanità, Carlo Lucchina - decisa dalla giunta in una delle ultime sedute. Massimo Aiello, l'avvocato designato per sostenere le ragioni di Palazzo Lombardia contro il suo ex inquilino, era presente in aula pronto a depositare l'istanza: ma anche lui ha dovuto rassegnarsi alla mattinata sprecata. «La costituzione era un atto dovuto», si è limitato a rispondere ai cronisti che gli chiedevano l'entità del risarcimento che si accinge a chiedere.

Non c'era invece Formigoni: che ha fatto sapere di essere impegnato in una visita nelle zone di produzione del riso, nella sua nuova veste di presidente della commissione Agricoltura del Senato.

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