Cronaca locale

D&G a Pisapia: «Tieniti l'Ambrogino»

Dopo l'assoluzione in Cassazione, schiaffo degli stilisti a Palazzo Marino che li aveva trattati da «evasori vip»

«Per me era una questione già chiusa da tempo». Nessuna dichiarazione ufficiale, ma è stata questa la reazione dell'assessore alle Attività produttive del Comune Franco D'Alfonso alla notizia che gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono pronti a restituire l'Ambrogino d'oro che il Comune aveva loro consegnato nel sant'Ambrogio del 2009, quando sindaco era Letizia Moratti e presidente del consiglio comunale Manfredi Palmeri.

«Noi Lo renderemo come da loro richiesta!». Poche parole al veleno twittate ieri da Domenico Dolce, allegandole con fare polemico all'articolo che annuncia le proposte del sindaco Pisapia per le prossime candidature. Rinfocolando così la polemica tra la maison e Palazzo Marino che sembrava ormai sopita. Uno schiaffo alla giunta Pisapia arrivato non a caso, ma dopo che la Corte di cassazione li aveva assolti («perché il fatto non sussiste») dall'accusa di evasone fiscale. Quell'accusa che aveva spinto proprio l'assessore D'Alfonso a pronunciare una frase decisamente infelice, assicurando che il Comune non avrebbe concesso spazi «a degli evasori fiscali». Non male per una città che proprio del business legato alla moda fa uno dei punti di forza della sua economia. Qualora, aveva sentenziato D'Alfonso sostituendosi ai giudici, «stilisti come Dolce e Gabbana dovessero avanzare richieste per spazi comunali, il Comune dovrebbe chiudere le porte: la moda è un'eccellenza nel mondo, ma non abbiamo bisogno di farci rappresentare da evasori fiscali». Un giudizio piuttosto frettoloso perché in quel giugno del 2013 in due erano stati condannati dal tribunale di Milano a un anno e 8 mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena per una presunta evasione fiscale di 200 milioni di euro, ma si trattava di un giudizio di primo grado. Tanto che la reazione non si era certo fatto attendere, con Dolce che aveva affidato a Twitter un eloquente «Comune di Milano fate schifo!». Poi il comunicato in cui D&G si dichiaravano vittime di «continue diffamazioni e ingiurie» e il passaggio dalle parole ai fatti quando il marchio aveva preso la drastica decisione di una serrata per protestare contro l'amministrazione Pisapia. Tre giorni di chiusura («per indignazione») nei negozi di Milano, pur pagando regolarmente lo stipendio a tutti i dipendenti e la clamorosa affissione sulle vetrine dell'articolo del Giornale che sotto il titolo Il Comune chiude le porte a D&G, raccontava ai turisti allibiti il trattamento loro riservato da una giunta che avrebbe avuto invece il dovere di propagandare in tutto il mondo un marchio leader del made in Italy .

Oggi l'assoluzione «perché il fatto non sussiste» a cancellare ben sette anni di indagini e processi dopo la cessione nel 2004 dei loro marchi alla società lussemburghese Gado.

Ma da sindaco e assessore solo silenzio.

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