Cronaca locale

La dinastia dei sarti Monetti i napoletani che vestono i re

A fondarla alla fine dell'800 fu il «cappellaio» Eduardo Poi il rinascimento di Eddy, da via Condotti a S. Babila

La dinastia dei sarti Monetti i napoletani che vestono i re

Centotrentatrè anni di stoffe, abiti, colori, eleganza. È la saga della famiglia Monetti, una bella storia italiana iniziata nel 1887 a Napoli quando il bisnonno Eduardo aprì il suo negozio di cappelli in via Toledo, a pochi passi da Palazzo Reale e dal Teatro San Carlo. Il cuore di una città che si sentiva (a ragione) ancora capitale. L'aristocrazia e la grande borghesia cittadina s'innamorarono perdutamente dei copricapi di Eduardo cilindri, borsalino, pagliette, panama, bombette e assieme a loro anche tanti artisti tra cui il grande Enrico Caruso, il primo «testimonial» dell'impresa monettiana. L'inizio di un percorso formidabile. Nel primo dopoguerra il figlio Salvatore fece il tanto agognato salto di qualità: dai cappelli alla sartoria. Tanto lavoro, tanta fatica ma anche molte soddisfazioni, riconoscimenti. Solo la bestialità della guerra interruppe il sogno. In una notte i magazzini, pieni di preziosi tessuti furono cancellati dai bombardamenti alleati. Un disastro. Ma i Monetti sono gente caparbia. In una Napoli straziata dagli eventi, Salvatore riprese ago e filo e rincominciò un'altra volta. Questa volta con suo figlio Eduardo II° (il ricorrere dei nomi è una tradizione di famiglia...), per tutti Eddy. Un personaggio rinascimentale.

Prima d'approdare alla bottega paterna fu giornalista al Roma, il quotidiano del comandante Lauro, ma anche scrittore, poeta, cantante e compositore. Una volta entrato in azienda Eddy comprese che tutto stava cambiando velocemente. Soprattutto la moda. Negli anni Cinquanta salì a Roma per aprire il suo atelier in via Condotti, il crocevia della «dolce vita». Nei tempi folli e spensierati di Cinecittà le sue linee per donna conquistarono Audrey Hepburn, Liz Taylor, Laureen Bacall mentre giacche, cravatte e camicie riempivano i guardaroba di Richard Burton, Vittorio De Sica, Tony Curtis, Marcello Mastroianni, Anthony Quinn, Gary Cooper, Federico Fellini, Frank Sinatra. Un successo pieno che Eddy come raccontano i suoi aforismi raccolti in «Campionario per tutte le stagioni» (Mondadori 2000) assaporò con raffinata misura e disincantata ironia.

Negli anni Settanta un'altra sfida. Milano. Lo stilista decise di sbarcare nella metropoli e aprire un negozio in piazza San Babila, la location più prestigiosa ed elegante. Un ulteriore salto di qualità ma anche una scelta impegnativa. Come avrebbero reagito i milanesi, allora abituati al blu d'ordinanza, ai toni grigio-scuri, alle cravattine tristanzuole dinnanzi alla colorata fantasia partenopea dei Monetti? Una missione ardua, complessa affidata all'allora diciottenne Sally, ovvero Salvatore II, dal 2011 assieme alla sorella Assia alla guida della Casa (con la collaborazione della moglie Stefania).

«I primi anni furono impegnativi, bisognava presentare un gusto diverso e uno stile innovativo, farsi rilasciare, come diceva mio padre, dai milanesi il passaporto. Fedele all'insegnamento di mio nonno, passavo le notti a montare e smontare le vetrine, il nostro migliore biglietto da visita. Dovevano essere impeccabili, perfette per colpire ed appagare la vista del passante più distratto. Uno sforzo che ha pagato». Dopo una fase di rodaggio i risultati arrivarono, l'atelier meneghino s'ingrandì e il brand crebbe. Dal 2000 il marchio è puntualmente presente a Palazzo Pitti e negli anni si è imposto sui mercati esteri. «Nonostante l'assenza di un sistema Italia, un dato che non agevola di certo gli operatori» avverte Sally «abbiamo punti vendita in Cina e negli USA e nostri corners nei migliori malls di Tokyo, Mosca, Doha, Londra, Madrid, Kuwait City».

Una visione internazionale, globale ma sempre pervicacemente legata alle radici, la grande sartoria napoletana. La produzione è, infatti, realizzata interamente nei laboratori partenopei, una filiera d'eccellenza con professionalità d'altissimo livello. Una strategia vincente. Non a caso nei cinque ateliers tre a Napoli, uno a Roma e la nuovissima sede milanese di via San Pietro all'Orto 22, nel quadrilatero della moda sono di casa Juan Carlos (come Francesco Cossiga un vero fan delle cravatte monettiane), il principe Al Saud, Placido Domingo, Sylvester Stallone ma anche Cristian De Sica, Paolo Del Debbio, Gennaro Sangiuliano e Gigi Marzullo, il vero cruccio di Sally. «Gigi è un caro amico e un cliente stravagante, pretende rigorosamente per ogni abito due taglie in più...», racconta sorridendo lo stilista.

Come in tutte le belle storie di famiglia una nuova generazione (la quinta) è entrata in azienda; Eduardo III e Iolanda (figli di Sally) e Roberta e Domenico (figli di Assia) stanno apprendendo i segreti di un mestiere difficile quanto affascinante. Soddisfatto il magister elegantiarum guarda con fiducia il futuro della Casa. «L'impresa è solida, in costante crescita ed io ho più tempo per dedicarmi alle canzoni». Già, Sally Monetti, proprio come Eddy, è un compositore. Sue le musiche, un esempio tra tanti, di Storie il brano di Anna Oxa, secondo classificato nel 1997 a Sanremo.

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