Cronaca locale

«Il feto trovato in laboratorio? Non ho mai saputo fosse lì»

Il direttore del centro della Bicocca: «Una serie di coincidenze kafkiane»

A due mesi dal giallo del feto congelato trovato nei frigoriferi dell'università Bicocca, Angelo Vescovi, lo scienziato responsabile del laboratorio, racconta la sua verità: «Io non ho mai saputo che in quel pacco ci fosse un feto».

Professore, lei aveva sospettato un sabotaggio?
«Sì, ma mi sono reso conto che non è così. Però in questa storia ci sono state coincidenze assurde, direi kafkiane».

Come mai ha aspettato tanto per raccontare la sua versione?
«Parlo ora perché il caso è stato archiviato. E non voglio lasciare ombre sul nostro laboratorio».

Cioè possiamo stare tranquilli. In università non girano feti congelati?
«Assolutamente no, non girano. Il materiale biologico su cui lavoriamo è sottoposto a controlli serratissimi e certificati in ogni passaggio. Eticamente stiamo sempre molto attenti, soprattutto se analizziamo materiale organico proveniente dagli aborti naturali».

Perché all'epoca dei fatti aveva pensato che qualcuno volesse creare danno ai ricercatori?
«Stavamo per completare una sperimentazione molto importante contro la Sla su un primo gruppo di pazienti, che abbiamo trattato con cellule staminali cerebrali provenienti da aborti naturali. E, come si sa, quando ci sono lavori di questa portata, ci sono anche parecchi nemici attorno».

In realtà cosa è successo?
«In realtà la storia di quel pacco risale al 2005. Ho trovato uno scambio di mail che documenta tutto».

Racconti.
«Io ero direttore del laboratorio di ricerca del San Raffaele. Una collega, la dottoressa Leone, che in quel momento era negli Stati Uniti, mi ha chiesto per favore se poteva far recapitare un pacco a me e se glielo potevo conservare nei frigoriferi del laboratorio a meno 80 gradi».

Quindi la parola feto non era mai stata pronunciata?
«No, la mia collega pensava fosse solo del materiale organico. Doveva venire un signore a ritirare il pacco ma non si è mai presentato. E quando io ho cambiato lavoro, quella scatola, nel 2008, è finita tra la roba da traslocare alla Bicocca».

Fino allo scorso marzo nessuno più si è occupato di quel pacco?
«No. Poi una mattina mi è squillato il telefono. Era un mio collaboratore, che aveva aperto la scatola».

E lei che ha fatto?
«Quando ho sentito che era stato trovato un feto di 5 mesi, con tanto di telo verde della sala operatoria, mi si è gelato il sangue. Ho chiamato subito la polizia».

Quando ha realizzato che si trattava della famosa scatola del 2005?
«Il giorno dopo. Infatti dentro alla scatola, sigillata con lo scotch, c'era una lettera indirizzata alla dottoressa Leone. Ovviamente io pensavo che quel pacco fosse già arrivato a destinazione. Non ci ho più pensato.

Faccio il direttore di un laboratorio, mica il fattorino».

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