Cronaca locale

Droga e mafie «etniche» Lambrate terra di pusher

Le nuove sostanze come lo shaboo stanno invadendo il quartiere. Spaccio ora in mano ad asiatici e africani

Michelangelo Bonessa

Nuove droghe e nuove mafie. L'area di competenza del commissariato di Lambrate è tra quelli indicati dal capo della polizia Franco Gabrielli come una delle quattro più pericolose di Milano. E una di quelle dove spopolano nuove sostanze psicotrope come lo shaboo, business gestito principalmente dalla malavita asiatica.

A gennaio 2016 gli agenti di Lambrate hanno arrestato Vali Ghafarzadeh. Iraniano regolare con precedenti di polizia era finito in manette a Cinisello, in via Dei Partigiani. Nel suo appartamento custodiva 350 grammi di droga in cristalli, dal valore stimato di 80mila euro, 215 euro e un bilancino elettronico. E non è stato che uno degli arresti per la nuova sostanza: poco tempo dopo in via Leoncavallo, erano finiti in manette due filippini, un pregiudicato 37enne e un incensurato 48enne, trovati in possesso di 60 grammi di shaboo. Incollavano le bustine di droga dietro tagliandi di «Gratta e vinci» per cedere le dosi senza dare nell'occhio. In via Sammartini, era toccato ad altri pusher, cinesi: una coppia di neogenitori, di 24 e 29 anni, che aveva nascosto dieci grammi di shaboo nel calzino della loro bambina di un mese e mezzo.

A febbraio gli agenti del commissariato Lambrate avevano anche scoperto una «stanza del crack» su modello di quelle americane: un mini appartamento in via Arquà dove un gruppo di liceali figli di commercianti cinesi si incontrava, saltando la scuola, proprio per assumere metanfetamine.

A luglio anche la polizia locale ha sequestrato 600 grammi di questa potente anfetamina a tre cittadini cinesi, ma è stato il comando provinciale dei carabinieri a svelare la vastità del business con un'operazione che ha portato a 36 arrestati. Gli investigatori guidati dal tenente colonnello Michele Miulli a ottobre hanno ricostruito la rete, le trame e i protagonisti dell'importazione di shaboo dalla Polonia: tre chilogrammi e mezzo per un valore sul mercato al dettaglio di due milioni di euro. Milano era la base da cui spacciare questa micidiale sostanza che spopola nelle comunità latine e asiatiche.

O almeno, prima era così, ora i consumatori stanno crescendo: all'inizio era una droga «etnica», diffusa quasi esclusivamente nella comunità filippina, usata da immigrati per resistere a doppi e tripli turni di lavoro. Spacciatori e consumatori filippini, trafficanti iraniani. Su questo filone, nell'ultimo anno, i poliziotti del commissariato Lambrate hanno seguito decine di tracce in un quadrante della metropoli che va da Città Studi, a via Padova, fino Cinisello. Adesso però si sta allargando sia il giro dei consumatori che quello degli spacciatori: i carabinieri hanno arrestato un 27enne nigeriano che vendeva shaboo.

Un fermo preoccupante perché dai primi anni Duemila diverse operazioni in tutta Italia hanno certificato la presenza di «cultisti», cioè appartenenti alla malavita nigeriana. Un'organizzazione potente e radicata su più continenti che fa dello spaccio e della prostituzione i suoi business principali. Abitualmente più dediti al commercio dell'eroina, i nigeriani sembrano orientati a entrare in nuovi mercati. E vista la potenza di questa organizzazione, ha legami solidi anche con le mafie italiane, anche per Milano la prospettiva non è buona. Già nel 2005 a Torino fu smantellata una costola importante dei cultisti e poi è stato il turno di Palermo, ma sono solo i casi più eclatanti visto che gli arresti sono stati decine in entrambe le occasioni.

Ora alla tradizionale malavita iraniana, si stanno dunque aggiungendo quelle cinesi e africane, forti anche delle proprie caratteristiche di base: entrambe puntano in primo luogo ai propri connazionali che hanno già per tradizione l'abitudine a formare comunità coese negli Stati esteri che li ospitano.

Ora si stanno espandendo anche oltre questi confini etnici.

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