Cronaca locale

E la vedova dei «misteri» ora deve tornare alla sbarra

Il marito ucciso a Desio nel 2011, il pm ha impugnato l'assoluzione della moglie rimasta sempre in silenzio

Luca Fazzo

«Il silenzio è d'oro. Avvaletevi», diceva un cartello nello studio di un grande avvocato. La signora Germania Biondo ha fatto tesoro del precetto. L'hanno arrestata, perquisita, sbattuta in galera con l'accusa di avere ammazzato l'ex marito: e lei zitta, muta come un pesce dall'inizio alla fine. In caserma, in carcere, in aula, carabinieri e magistrati le hanno chiesto: vuole rispondere, vuole discolparsi? E lei: no grazie.

Ha funzionato, almeno per ora. Nel dicembre 2015 il tribunale di Monza l'ha assolta con formula piena. Per l'uccisione del marito, Paolo Vivacqua, siciliano di Agrigento da decenni trapiantato a Desio, freddato nel suo ufficio il 14 novembre 2011, sono stati condannati in quattro: ergastolo ai due sicari, ventitrè anni al mandante e all'intermediario. Lei, la taciturna Germania, assolta e liberata. Il morto era suo marito, il mandante era il suo amante. Ma lei, dice la sentenza di primo grado, non c'entra niente.

I giochi però non sono finiti. Il prossimo 15 marzo, davanti alla Corte d'assise d'appello di Milano, il giallo si riapre, perché il pm che condusse l'inchiesta, Donata Costa, ha impugnato l'assoluzione: saldamente convinta che a spedire al creatore di Vivacqua fu il piano messo a punto dalla ex moglie e dal suo nuovo compagno, all'interno di un viluppo di rancori e quattrini reso complicato dalla figura del morto. Vivacqua, col rispetto dovuto ai defunti, non era uno stinco di santo: fatture false, soldi ai politici per sistemare piani regolatori, qualche contatto con i clan della «stidda», la mafia agrigentina. Se non fosse stato ammazzato, sarebbe prima o poi finito sotto processo.

Delle imprese del marito, Germania ovviamente sapeva tutto. E nel ricorso contro la sua assoluzione, il pm Costa indica, punto dopo punto, perché questa storia nera nella bianca Brianza non può avere come unico mandante l'amante di lei, l'investigatore privato Diego Barba. Uno che deve amarla davvero, visto che per lei si è preso anche una valanga di botte dai suoi figli, poco soddisfatti del nuovo legame della madre.

La love story tra Barba e la Biondo, dice il pm, è dimostrata da numerose prove; eppure mai, nemmeno una volta, i due si parlano al telefono. E va bene che Germania è un tipo poco loquace, ma si sono mai visti due amanti che non si chiamano? «L'assenza di contatti - scrive il pm - costituisce serio indizio a carico dalla Biondo, atteso che solo la necessità che la loro relazione non fosse scoperta dagli inquirenti può avere giustificato una simile e prolungata attenzione». «La Biondo e il Barba avevano un comune movente rispetto al togliere di mezzo Vivacqua per vivere liberamente la loro relazione»; e d'altronde «il dibattimento ha provato che la Biondo aveva una profonda rabbia nei confronti del marito, che l'aveva lasciata per una donna più giovane con cui aveva avuto un figlio, ma che non consentiva a lei di vivere liberamente e di intrattenere relazioni con un altro uomo».

Il primo progetto della coppia, secondo il pm, è meno cruento: cercano di liberarsi di Vivacqua facendolo finire in galera, spifferando alla Procura di Milano i suoi traffici di fatture false. Ma la Procura sceglie di indagare il commerciante a piede libero: purtroppo per lui. Perché «il mancato raggiungimento dell'obiettivo dell'arresto in tempi brevi ha evidentemente indotto la coppia a cambiare strategia». A mettersi, cioè, alla ricerca di un killer.

Non era (d'altronde non lo è quasi mai) solo una faccenda d'amore: in mezzo c'erano anche i soldi di Vivacqua, quelli ufficiali dei fondi neri, compresa una valigia con sei milioni che ancora non si sa che fine abbia fatto.

Potrebbe dire qualcosa Germania, durante il nuovo processo: se, per la prima volta, si decidesse a parlare.

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