Cronaca locale

"Eccovi la nuova Brera Il mio futuro? Deciderà il ministero"

Il direttore presenta la fine del riallestimento della Pinacoteca. E un caffè da grande museo

"Eccovi la nuova Brera Il mio futuro? Deciderà il ministero"

Missione compiuta, o quasi, quella del direttore della Pinacoteca James Bradburne, che a una anno dalla scadenza del mandato consegna alla città un museo nuovo di zecca, con le 38 sale interamente riallestite e anche - finalmente - una caffetteria degna di questo nome. All'en plein manca solo un tassello, l'apertura al pubblico di palazzo Citterio che ospiterà le collezioni del Novecento. Inaugurazione prevista, autunno 2019.

È stata fin dall'inizio la sua grande battaglia. Fosse stato per lei avrebbe inaugurato anche prima, direttore.

«Quando fui nominato direttore, ero convinto che Palazzo Citterio sarebbe stato consegnato quando promesso, il 25 febbraio 2017. Ne ero talmente convinto che nel mio discorso dei 100 giorni, a gennaio 2016, promisi come data di inaugurazione l’autunno del 2018. Poi mi scontrai con la burocrazia italiana e da allora ci furono ben cinque proroghe dalla data di consegna e stiamo ancora aspettando quella definitiva. E oggi sono stanco di fare promesse».

Ma è il palazzo è pronto, la sovrintendenza lo ha mostrato restaurato al pubblico lo scorso aprile. Perchè ancora ritardi?

«Non sono in grado di rispondere a questa domanda. So che la struttura è pronta e certamente non crollerà, ma solo quando il ministero mi sottoscriverà che il luogo è idoneo ad accogliere nei suoi depositi pale d'altare rinascimentali e nelle sale espositive capolavori d'arte moderna potrò dire che siamo pronti. Io sono responsabile di un patrimonio immenso e mai la metterò a rischio se le condizioni non saranno perfette».

Nel complesso può dirsi soddisfatto. Il museo è stato ben riallestito e i visitatori viaggiano sulle 370mila unità annue.

«Sono contento sì, ma ribadisco che non sono i numeri che mi interessano, non è con quelli che si fa cultura. Mi interessa constatare che a Brera stanno tornando i milanesi e soprattutto i giovani. Il mio obbiettivo è un museo che abbia servizi che riescano ad accontentare tutta la famiglia, dai bimbi di tre anni agli adolescenti fino ai loro nonni».

Continuerà a dire no alle mostre preferendo i «Dialoghi» con i capolavori della collezione?

«Sì, la Pinacoteca non ha gli spazi per accogliere grandi mostre, mentre ha opere importantissime da valorizzare. Detto questo, non ho mai creduto alle mostre blockbuster, servono solo a drogare i numeri sulle affluenze».

Anche il caffè Fernanda al primo piano ricavato dall'ex bookshop è una caffetteria finalmente degna di un grande museo.

«La legge Ronchey definiva i caffè, gli shop e la didattica servizi aggiuntivi, mentre invece sono da considerare parte integrante, core business per un museo. Il Caffè Fernanda fa parte del museo ed è dedicato a Fernanda Wittengs, la direttrice a cui si deve la riapertura di Brera nel 1950».

Il prossimo autunno, alla scadenza del contratto, potrebbe lasciare il museo. Fosse per lei rimarrebbe?

«Il fatto è che, appunto, non dipende da me ma dal ministero.

Se mi chiederanno di restare, ci rifletterò».

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