Cronaca locale

«Enrico il più buono. Perciò fu ucciso»

La Russa: è ora che diventino memoria di tutti

Sabrina Cottone

Ignazio La Russa esce dalla messa in ricordo di Teodoro Buontempo e parla di un altro anniversario che si avvicina. Era il 29 aprile del 1975 quando il diciassettenne Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù, fu assassinato da esponenti della sinistra extraparlamentare. Nel primo anniversario dell'omicidio, fu ucciso l'avvocato e consigliere provinciale del Msi Enrico Pedenovi. La Russa, che in quegli anni era leader regionale del Fronte e poi segretario milanese del Msi, si fa tenero: «Sergio era un ragazzo giovane, pulito, trasparente, che una sentenza riconobbe cristallino e lontano da qualunque macchia, in un momento in cui le sentenze erano terribili per la destra».

Quale significato ha oggi celebrare pubblicamente questi uomini, esistono rischi di nuove contrapposizioni? «È una memoria che non dovrebbe appartenere, dobbiamo fare in modo che sia memoria di tutti. Mi commuovono i ragazzi nella loro volontà di non dimenticare Ramelli e Pedenovi, ma vorrei che sapessero ricordarli senza chiuderli in un ambito ristretto, senza bollarli sia pure con l'amore dell'appartenenza. Abbiamo provato a farlo da subito e in parte ci siamo riusciti, grazie anche a uomini come Indro Montanelli».

Ricordi personali: «Sergio l'avevo visto due giorni prima che morisse al cinema, con la sua ragazza. Dopo la sua morte, fu vietato il corteo funebre dall'obitorio alla chiesa. Noi portammo sui marciapiedi le corone di fiori, a gruppetti, per non essere dispersi. Dalle finestre ci fotografavano i compagni per poterci mettere nelle liste dei fascisti».

Il pensiero corre a Pedenovi: «L'anno dopo, il giorno dell'anniversario, venne ucciso Enrico, il più mite, sereno e indifeso tra noi. Forse per questo vigliaccamente fu scelto. Nei giorni precedenti, in questo clima di paura, i preti non volevano autorizzare la messa di suffragio per Sergio. Pedenovi la sera prima di morire mi disse scherzando: Ignazio, travestiti tu da prete, facciamo una Messa. Da avvocato si prestava a difendere gratuitamente tutti i ragazzi. Non l'ho mai visto arrabbiato, sempre dolce. Era uno di quegli uomini che credevano nelle proprie idee e volevano testimoniarle nella maniera più serena.

Così va ricordato».

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