Cronaca locale

«Falle nel sistema: Giardiello poteva avere l'arma addosso» Si riapre il caso della strage

In aula un tecnico chiama ancora una volta in causa i vertici di Palazzo di giustizia che dovevano vigilare

Luca Fazzo

Non solo l'errore umano di un vigilante, ma una serie protratta nel tempo di omissioni, che chiamano inevitabilmente in causa i vertici del palazzo di giustizia di Milano. Nel processo alla guardia giurata accusata di avere permesso il 9 aprile 2015 a Claudio Giardiello di entrare armato in tribunale, dove avrebbe poi ucciso tre persone, un piccolo colpo di scena riapre una pista che finora sembrava chiusa: quella che porta alle responsabilità di chi doveva vigilare sulla sicurezza del palazzaccio. Ovvero la Procura generale e la Commissione manutenzione, guidata dal presidente della Corte d'appello e composta da giudici, avvocati e funzionari comunali.

A venire interrogato è l'ingegner Guido Maria Rossi, il tecnico che istruiva gli addetti al controllo degli apparati di sicurezza. Racconta di avere esaminato i filmati in cui si vede chiaramente Giardiello affrontare i controlli all'entrata di via San Barnaba, intorno alle 8,45. Sono le immagini in base alle quali il pm Isabella Samek Lodovici si è convinta che la pistola fosse all'interno della valigetta che Giardiello pone sul nastro trasportatore. L'uomo intanto passa attraverso il metal detector, che si illumina: ma a fare scattare i segnali, si pensava finora, erano stati gli abiti dell'imprenditore. Gli esperimenti d'altronde avevano rivelato come le luci del metal detector si accendessero un po' a casaccio, e quindi non allarmassero particolarmente gli addetti. Che infatti quel giorno lasciano passare l'uomo, ignorando i segnali. Per loro l'accusa ha chiesto il proscioglimento, portando invece a processo Roberto Piazza, la guardia che controllava il video del nastro trasportatore.

L'altro ieri un avvocato chiede all'ingegner Rossi: Giardiello poteva avere la pistola addosso? «Sì». La testimonianza riapre scenari nuovi: non solo perché potrebbe scagionare Piazza ma perché proprio la gestione del metal detector chiama in causa direttamente i vertici degli uffici giudiziari. Nel corso dell'indagine è emerso come la manutenzione dell'apparato non fosse stata mai attuata, perché nessuna disposizione in questo senso era mai venuta dalla Procura generale: per superficialità o per risparmiare, non è dato sapere.

Se è da lì che è passata l'arma della strage, potrebbe essere stata proprio la mancanza di manutenzione ad agevolare il progetto di Giardiello, portando le guardie a considerare inattendibili i segnali di allarme. A quel punto si riaprirebbe il tema di un livello di colpe più altolocato del semplice metronotte. Quello che starebbe emergendo è come la catena di comando del sistema che doveva garantire la sicurezza del tribunale facesse acqua: sia per quanto riguarda la Procura generale, che gestiva i rapporti con le società di security, sia per la Commissione manutenzione, chiamata alla pianificazione generale del sistema di vigilanza.

Certo, tutto sarebbe più semplice se l'unico colpevole sicuro, ovvero Giardiello, dicesse chiaramente come riuscì a introdurre l'arma.

Ma ha già cambiato versione talmente tante volte da rendere la sua testimonianza praticamente inutile.

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