Cronaca locale

Fatima va a processo E alla sorella inflitti cinque anni di carcere

Rinviata a giudizio Maria Giulia Sergio La condanna è la prima di una foreign fighter

Cristina BassiSono le prime condanne italiane per foreign fighter nelle file dell'Isis. Ieri il gup Donatella Banci Buonamici ha inflitto una pena di cinque anni e quattro mesi di carcere a Marianna Sergio, la sorella di Maria Giulia «Fatima». La quale, prima combattente italiana del cosiddetto Stato islamico che si troverebbe in Siria, è stata rinviata a giudizio con l'accusa di terrorismo internazionale. Condannate ieri altre quattro persone. Marianna è stata arrestata a luglio ed è detenuta. Anche il padre delle due ragazze, Sergio Sergio, è stato mandato a processo. Le condanne inflitte ieri sono appunto le prime nel nostro Paese per terrorismo internazionale in appoggio all'Isis. E le prime a carico di persone che avrebbero avuto «condotte partecipative» nell'organizzazione terroristica islamica. Il giudice, che si è espressa nell'aula bunker davanti a San Vittore, ha accolto l'impianto accusatorio del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e del pm Paola Pirotta. Oltre a Marianna Sergio, anche lei accusata di associazione per delinquere con finalità di terrorismo internazionale, nel rito abbreviato sono stati condannati rispettivamente a tre anni e otto mesi e due anni e otto mesi Arta Kacabuni e Baki Coku, zii del marito albanese di Fatima Aldo Kobuzi. Condannata a tre anni anche Lubjana Gjecaj. Mentre il marito Dritan, per cui il pm aveva chiesto due anni è quattro mesi, è stato assolto per non aver commesso il fatto. Per quanto riguarda i rinvii a giudizio, con la prima udienza fissata per il 13 aprile davanti alla corte d'assise: oltre a Maria Giulia ci sono il padre, accusato di organizzazione di viaggio per finalità di terrorismo ma che ha successivamente preso le distanze dalle figlie, e il marito di Fatima, Aldo Kobuzi, anche lui presunto combattente in Siria. Infine altre tre latitanti. Si tratta di Donika Coku, madre di Kobuzi, Serjola Kobuzi, sua figlia, e Haik Bushra, donna di origine canadese che avrebbe indottrinato e arruolato le sorelle Sergio. Quest'ultima avrebbe gestito cinque gruppi di indottrinamento su Skype, con iscritte più di 300 donne musulmane, ribadendo «la legittimità-doverosità delle azioni di natura terroristica ai danni di obiettivi occidentali». Secondo le indagini, Maria Giulia Sergio, nata a Torre del Greco nel 1987 e poi trasferita a Inzago, nel Milanese, si sarebbe convertita all'Islam con tutta la famiglia. Avrebbe preso il nome di Fatima e sarebbe partita per la Siria per imbracciare le armi come «soldato» della jihad. Da lì avrebbe poi incitato la sorella e i genitori - la madre anche lei arrestata a luglio è morta qualche mese fa - a raggiungerla. Negli atti si leggono diverse intercettazioni in cui la ragazza esulta per la strage di Charlie Hebdo e si dice pronta al martirio. La sorella Marianna, 31 anni, una volta partita Maria Giulia, avrebbe fatto pressioni costanti sui genitori per costringerli a trasferirsi nel territorio del Califfato. Baki Cocu, fermato in Albania ed estradato in Italia, invece avrebbe ospitato il nipote Kobuzi a Scansano, da dove la coppia sarebbe partita per la Siria. Lubjana Gjecaj avrebbe invece facilitato nel settembre 2014 la conoscenza tra Maria Giulia e il futuro marito. Conoscenza definita dagli inquirenti «funzionale a consentire la partenza di entrambi verso lo Stato islamico». Inoltre la donna, insieme al marito (assolto), avrebbe «favorito la celebrazione del matrimonio, avvenuto a Teviglio il 17 settembre 2014, tra i due, che fino a quel giorno non si conoscevano».

La cerimonia avrebbe avuto lo scopo di consentire a Fatima «di raggiungere il territorio occupato dall'organizzazione dello Stato islamico».

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