Cronaca locale

Fausta, l'artista totale che incantò Man Ray

Milano rende omaggio alla Squatriti: in tre sedi le ricerche dell'autrice tra arti visive e poesia

Fausta, l'artista totale che incantò Man Ray

Fausta Squatriti, classe 1941 milanese doc, artista poliedrica, indefinibile, ex musa di Man Ray, iperattiva dagli anni '50, riconoscibile per una ricerca artistica ontologica rigorosa, anomala nelle sue originali combinazioni di diversi linguaggi (arti visive, poesia, narrativa, saggistica), maniacale nei suoi processi analitici di rappresentazione di mondi cogniti ed emotivi. Con i suoi prelievi di umanità varia, affronta il trauma del reale risolto in opere dal ricercato valore formale: specchio della condizione umana. Milano rende omaggio all'autrice che si racconta con una mostra articolata in tre sedi diverse: Triennale, Gallerie d'Italia e Nuova Galleria Morone a cura di Elisabetta Longari. L'esposizione intitolata «Se il mondo fosse quadrato saprei dove andare» (un verso tratto da una sua poesia), è una sintesi della sua multiforme ricerca artistica carica di simboli, citazioni, metafore, segni, incentrata sulle modalità di ispezionare i processi cognitivi ed estetici della percezione del mondo, approfondendo temi etici, tensioni irrisolte tra Eros e Thanatos, in cui i frammenti di umanità invisibile «fuori dalla storia», sono investigati con distacco senza pietismo, passando al setaccio difetti e virtù dell'individuo in bilico tra una dimensione apollinea e dionisiaca insieme. Alla Triennale si presentano venti opere dal 1957 fino ai polittici polimaterici recenti come summit della sua poetica.

Alle Gallerie d'Italia, Francesco Tedeschi con la curatrice ha selezionato imponenti sculture nere realizzate tra il 1972 e il 1985, e un gruppo di lavori inediti degli anni '80, incentrati sulla ricerca formale del quadrato, tema ricorrente dell'artista, prendendo spunto dalle sue opere nella collezione Intesa Sanpaolo. Infine, alla Nuova Galleria Morone, sorprendono per vitalità e cromatismo venti sculture minimal-pop degli anni'60, scelte dalla co-curatrice Susanne Capolongo, inedite in Italia. Questa mostra suddivisa in tre atti, permette allo spettatore di entrare nel modo di guardare con la lente d'ingrandimento il mondo dell'artista, attraverso composizioni di equilibrata tensione formale tra astrattismo geometrico e figurazione che indagano le dimensioni dello spazio, tempo, memoria e identità. Sono opere che rivendicano una componente drammatica, tragica, epica e poetica al tempo stesso e invitano a riflettere sul declino esistenziale che si traduce in un linguaggio composito ai limiti del cinismo, risolto in una sorta di assenso dell'ineluttabile disastro della banalità del male, direbbe qualcuno, senza retorica di un mondo pietrificato.

Il suo processo agli atti dell'individuo, attraverso evocazioni visive anela a forme di un ideale di bellezza assoluto, dove s'insinua una critica estrema alla storia, scritta da una sequela di tiranni, genocidi, olocausti e la speranza è un'utopia infranta.

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