Cronaca locale

La favola dei Martinitt che hanno trasformato le lacrime in sorrisi

Nel '500 Milano inventò il welfare e aiutò gli orfani, poi Trivulzio soccorse i più poveri

La favola dei Martinitt che hanno trasformato le lacrime in sorrisi

Una famiglia da dimenticare. Non che fosse gente cattiva, per carità. È che proprio non esisteva. Peggio ancora di quel tapino di Remi. Almeno, il piccolo protagonista del romanzo di Hector Malot, nelle ultime pagine, trovava il segreto della sua vita sbandata. Senza famiglia. L'aveva e la voleva, pur non sapendo dove fosse. Era lei ad averlo rifiutato. Gioco di finzione, prima letteraria poi cinematografica. Altro non c'era, se non le lacrime. Le stesse che accompagnavano decine di altri piccoli Remi. Il papà e la mamma, alcuni, nemmeno li avevano conosciuti. Altri invece, come quel personaggio nato dalla fantasia di uno scrittore, semplicemente, non erano stati voluti. Una buona fetta di quelle coppie, infine, non aveva un soldo in tasca. E i bimbi erano un lusso.

La povertà era nata con l'uomo. Con il mondo. Un inferno fatto di denutrizione. Malnutrizione. Fiamme biforcute dello stesso rogo. Analfabetismo. Malattia. I senzatetto del Settecento piangevano come quelli di oggi. Stille di un'identica disperazione. Quella dei tanti volti del dolore. Antonio Tolomeo Trivulzio, principe del Sacro romano impero, decise di guardare dritto in quegli occhi gonfi di abbandono. Lui che era abituato a vedere le stanche pupille scintillanti dei cortigiani di Vienna, dove era di casa. Le fissò e si convinse che il cuore non era in quello sfarzo, ma batteva in strada. Dove non giungevano nemmeno le molliche del pane sbriciolato a Schönbrunn.

Con i soldi non si compra felicità alcuna, ma si può alleviare la pena degli altri. Trivulzio volle lasciare di sé qualcosa che restasse e il denaro - per quanto mai sia - scorre troppo veloce e non ne rimane traccia. Un giorno di agosto del 1766 - era il 23 - trascinò dal notaio le sue membra ormai alle soglie dei tre quarti di secolo. E fece testamento. Erede universale di sterminati possedimenti e casse inestinguibili fu un ente che ancora non esisteva, ma avrebbe portato il nome del suo illustre casato e sarebbe stato destinato «ai poveri nazionali e non forastieri, preferendosi quelli della città agli altri del ducato». Leghismo primordiale. Aggiunse che «non possono mai riceversi i poveri validi e robusti, ma soltanto gli impotenti per età, per difetto corporale ed infermità, dell'uno o dell'altro sesso».

Di lì a un anno Antonio Tolomeo se ne andò e dopo altri quattro aprì il Pio Albergo Trivulzio. Ma non fu solo eterosessuale miseria. C'era dell'altro. I più piccoli, senza genitori né un domani. Ad accogliere la loro solitudine il Cinquecento aveva regalato i Martinitt e le Stelline e, a seconda che fossero maschietti o femminucce, finivano tra i primi o le seconde. Perché la promiscuità non era ammessa e la solidarietà aveva il volto della vergogna. Anche se buona. Nessuno si specchiava narciso nel clamore della propria filantropia. I bimbi furono consegnati all'onore di San Martino, le bimbe allo sguardo delle benedettine di Santa Maria della Stella. Da qui i nomi che, a tutt'oggi, ricordano il dolce approdo della salvezza. Ci volle Napoleone, ai primi dell'Ottocento, per riunire le tre istituzioni dal coeur in man nella Congregazione di Carità. E fu subito welfare. Forse il primo esempio.

Crescere in collegio ha il sapore triste della privazione. Costante rammento della propria sfortuna. E divenne uno spauracchio per i monelli fortunati di ogni famiglia, che a quella minaccia guardavano come un incubo. Eppure. A finirvi erano gli altri, che burrascosi non erano. Ma semplicemente soli. Vi rimanevano fino alla maggiore età quando il destino e un gruzzolo di spiccioli erano consegnati loro come viatico. E soli tornavano, ma nelle strade del mondo.

Nel 1909 Amilcare Pizzi era poco più che un ragazzo. Aveva diciott'anni e la prima cosa che fece, appena uscito dall'orfanotrofio, fu giocare a pallone. Trovò un ingaggio nell'Unione sportiva Milanese e diventò capocannoniere. Nel '14, alla vigilia della guerra, lo volle il Milan che lo trasformò in un difensore e iniziò a versargli uno stipendio. Lui, per tutta risposta, mise da parte i soldi e si comprò una macchina da stampa a pedale. La sua carriera - quella vera - iniziò lì e le Arti grafiche «Amilcare Pizzi» si fecero onore in Italia e nel mondo. Il conflitto provò a spezzare quell'uomo buono distruggendogli gli stabilimenti, ma l'Amilcare con l'articolo, come ogni milanese e lombardo che si rispetti, non si perse d'animo e ne aprì di nuovi e più grandi a Cinisello. L'Ambrosiana conserva tuttora il Codice Resta, uscito da quella tipografia che nel 2015 ha compiuto i cent'anni, ma li ha festeggiati passando di mano.

Tra i compagni di Pizzi c'era un altro bambino con la sua stessa passione. I libri. La stampa. Si chiamava Angelo e di cognome faceva Rizzoli. Non era altro che il figlio di un ciabattino analfabeta, morto prima che il piccolo nascesse. La sua destinazione la decise una sorte bizzarra e cattiva, la stessa che lo risarcì facendogli apprendere - proprio tra le mura del collegio - il mestiere che gli avrebbe regalato fortuna. Nello stesso anno in cui Pizzi decise di giocare a calcio, Rizzoli si mise in proprio. Aprì una tipografia in via Cerva e fu il primo passo per la costruzione di un impero. La Rizzoli. La Cineriz che avrebbe prodotto Otto e mezzo e La dolce vita.

I Martinitt con la loro educazione fatta di pane, rigore, sofferenza ma grande solidarietà sfornarono illustri capitani d'azienda. Leonardo Del Vecchio, fondatore e presidente di Luxottica, oggi quotata in Borsa, non conobbe mai il papà. E la mamma, che aveva già tre figli più grandi da mantenere, lo affidò a San Martino. Alla fine della terza media lasciò il collegio per fare il garzone alla Johnson, che fabbricava coppe e medaglie. Imparo l'arte, insomma. La prima montatura per occhiali vide la luce otto anni dopo, nel Bellunese, dove quella piccola bottega di paese diventò Luxottica. Era il 1961. La storia - o forse la favola - è lunga e arriva fino a noi. A un comandante della polizia locale uscito da quelle porte. Come argentieri. Medici. Un industriale di biciclette famose. E migliaia di nomi più o meno noti. La storia non li ricorderà mai.

Entrarono soli ma alla solitudine seppero voltare le spalle.

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