Cronaca locale

La fine del Pd inguaia Pisapia, Penati va con gli scissionisti

La guerra dei Democratici rovina i piani all'ex sindaco L'ex presidente della Provincia è tentato dai fuoriusciti

La fine del Pd inguaia Pisapia, Penati va con gli scissionisti

La torta è piccola, e alla fine qualcuno dovrà accontentarsi delle briciole. Nel marasma in cui la crisi del renzismo ha precipitato la sinistra milanese, mettendo in subbuglio tanto l'universo dei puri-e-duri che i salotti buoni della città arancione, sono in tre a contendersi lo spazio a sinistra del Pd. Inevitabilmente, solo una delle anime prenderà la leadership cittadina della fronda al partitone. E a fare pendere l'ago della bilancia potrebbe essere, secondo il gossip delle ultime ore, proprio l'uomo che per anni ha incarnato il potere Pd a Milano: Filippo Penati, ex sindaco di Sesto ed ex presidente della Provincia.

Che l'anima «penatiana» del Pd guardasse con interesse all'ipotesi di scissione si era intuito già nei giorni precedenti la tempestosa riunione della direzione del Pd a Roma, e dopo l'ufficializzazione della rottura i segnali si sono fatti più espliciti. Tra i più decisi, un penatiano di ferro come Massimo D'Avolio, ex sindaco di Rozzano ed ora consigliere regionale: che interpellato sul tema risponde tra il serio e il faceto, «mi ero convinto di morire democristiano, non vorrei morire renziano»: che suona quasi come una conferma. D'altronde lo stesso Penati si sta muovendo intensamente, il suo braccio destro Franco Maggi ha incontrato nei giorni scorsi Roberto Speranza, l'annuncio dell'endorsement ufficiale potrebbe essere questione di ore. E se Penati abbracciasse la ditta di Speranza e Bersani (di quest'ultimo fu a lungo capo della segreteria, peraltro) potrebbe portarsi dietro un po' di quel ceto di amministratori e dirigenti locali di cui «Nuova Sinistra» è carente soprattutto al nord.

Se a Milano la «cosa» bersaniana dovesse consolidarsi, ad avere qualche problema sarebbe sicuramente «Campo Progressista», la creatura di Giuliano Pisapia, che si troverebbe non solo a contendere lo stesso elettorato ma anche a offrire sul mercato politico un prodotto sostanzialmente identico, ovvero l'appoggio da sinistra al Pd e la fiducia al governo Gentiloni. Per ora, i milanesi più in vista nel «campo» dell'ex sindaco, come il delegato alle periferie Mirko Mazzali e il presidente della Zona 8 Simone Zambelli, non mostrano tentennamenti. Ma è chiaro che la brusca accelerazione della scissione nel Pd ha guastato i piani di Pisapia. Al punto che c'è chi ipotizza che i due progetti si possano sostanzialmente fondere: ma negli ambienti di «Campo progressista» è uno scenario che viene indicato come improbabile, almeno per il momento: «al massimo - si dice - si può lavorare alla creazione di gruppi parlamentari unici».

C'è poi il terzo petalo del trifoglio rosso, ovvero Sinistra Italiana, la formazione che ha raccolto una parte dell'eredità della Sel di Vendola. A distinguerla dalle altre due anime, c'è se non altro la netta opposizione al governo di Paolo Gentiloni. Ma a livello milanese appare anch'essa drammaticamente priva di un gruppo dirigente (basti pensare che l'esponente più autorevole è Daniele Farina, ex portavoce del Leoncavallo); e in ogni caso rischia anch'essa di venire ridotta a una nicchia di testimonianza se gli scissionisti del Pd si consolidassero.

Manovre di posizionamento in corso, dunque: sullo sfondo, ormai a una manciata di settimane, le amministrative in 136 comuni lombardi, di cui 23 nel milanese, primo vero test per capire chi comanda a sinistra di Renzi,

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