Cronaca locale

Formigoni sorride, la Lega si arrende

«Silvio è favorevole a chiudere oggi con la nuova legge elettorale». Roberto Formigoni mostra il telefonino con il messaggio appena ricevuto dal coordinatore regionale del Pdl, Mario Mantovani. Il listino bloccato è stato cancellato con un voto dei consiglieri che adesso si mettono diligentemente in fila per dimettersi. Tutti tranne lui, il presidente della Regione, che non si dimette. Se si fosse dimesso, sarebbe decaduto dall'incarico e come reggente sarebbe subentrato il suo vice, il leghista Andrea Gibelli. Invece, a portare la Lombardia al voto sarà lui. «Una furbata di Formigoni» ironizza su se stesso, sollevato da una vittoria che però ha un sapore molto amaro: è riuscito a imporre al consiglio regionale le dimissioni in tempi rapidissimi. E anche la Lega ha dovuto adeguarsi.
«Questa legislatura regionale è giunta al termine» aveva detto Formigoni la settimana scorsa, quando il segretario della Lega, Roberto Maroni, aveva tolto l'ossigeno alla sua giunta, dandole come scadenza l'aprile del 2013. Il presidente della Regione ha cercato fino all'ultimo di ristabilire l'accordo per arrivare alla fine della legislatura, nel 2015. Altrimenti, «meglio andare al voto subito». In molti l'avevano considerata una tattica, invece era una strategia che gli ha consentito di mantenere il pallino del governo lombardo fino all'ultimo e di non perdere l'iniziativa politica.
Pian piano si sono adeguati tutti. La Lega, che ancora ieri mattina per guadagnare tempo aveva chiesto interventi in aula di quaranta minuti ciascuno, si è ritrovata a recitare la parte di chi è incollato alla poltrona e, pur di non andare all'ufficio protocollo a dare le dimissioni, è pronto anche all'ostruzionismo. Il partito di Maroni le ha tentate tutte per rinviare il momento dell'addio, convinto che la data migliore per votare fosse il prossimo aprile. Ma alla fine ha dovuto arrendersi a Formigoni. «Ci dimettiamo anche noi» è stata la resa del capogruppo, Stefano Galli, rimasto col cerino in mano.
Le opposizioni reclamano l'iniziativa politica della richiesta di dimissioni, partita a fine settembre. Ma nessuno, nemmeno nel Pd, si aspettava un'accelerazione così rapida, che costringe lo stato maggiore del partito a pensare in tempi assai ristretti a chi sarà lo sfidante di sinistra per la successione di Roberto Formigoni. Insomma, la sinistra, che pure è in un momento favorevole, ha poco tempo per riorganizzarsi e questo è uno dei vantaggi, per il Pdl, della scelta praticamente imposta da Formigoni.
A questo punto, resta da pensare al domani. Formigoni promette massimo impegno nella campagna elettorale per le regionali e insiste nel proporre al Pdl di sostenere la candidatura dell'ex sindaco, Gabriele Albertini, con una sua lista civica. L'obiettivo è una coalizione più larga possibile. Nel giorno delle dimissioni, Formigoni apre anche agli alleati del Carroccio e parla di «una sezione italiana del Ppe allargata alla Lega». Il segretario lombardo della Lega, Matteo Salvini, ieri dichiarava: «L'era Formigoni è chiusa. Parleremo con tutti ma non con Formigoni».

Ma il governatore non sembra d'accordo.

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