Cronaca locale

Il futuro dei beni della mafia davvero restituiti alla legalità

Lombardia quinta in classifica per le acquisizioni In Comune il film su Lea Garofalo, madre coraggio

Il primo interrogativo è un plurale. Mafia o mafie. In attesa che qualcuno chiarisca quale sia il termine più appropriato. Di volta in volta entrambi sembrano funzionare e, allo stesso tempo, tutti e due sembrano lasciare perplessi. Sia come sia, al Festival dei beni confiscati alla criminalità organizzata è emerso il dato di un patrimonio complessivo che - dal 1997 a oggi - in tutta Italia ammonta a 140mila unità. Il 2015 sta registrando un aumento rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente con 13mila nuovi acquisizioni, quasi per metà costituite da beni immbili. Nella classifica per regioni, la Lombardia occupa il quinto posto. Un primato lontanissimo dall'orgoglio.

Più rassicurante è invece lo sguardo alle percentuali osservate in prospettiva. Nel 2009 i beni sottratti alle organizzazioni mafiose erano il 62% in provincia e il 38% a Milano. Cinque anni dopo sono scese rispettivamente al 42% e al 23%.

Il progetto, intitolato «Prevenzione delle infiltrazioni criminali nelle aziende e valorizzazione dei beni confiscati in Lombardia: un'opportunità per lo sviluppo territoriale», promosso da Assolombarda, approfondisce i casi più eclatanti e recenti, fra i quali spicca un complesso di terreni e immobili nei dintorni del parco del Ticino a Cuggiono.

Lo scopo è quello di avviare «una rigorosa gestione con un intervento di manager competenti a fianco dei custodi giudiziari fin dal momento del sequestro» ha spiegato Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda Confindustria di Milano, Monza e Brianza. Salvaguardia dei posti di lavoro. Produzioni. E, naturalmente, ricchezza. Un tasto sul quale hanno battuto molti dei relatori intervenuti.

I luoghi stessi dove è stata ospitata la tavola rotonda hanno una lunga storia alle spalle. E raccontano di soprusi e angherie. Casa Chiaravalle e l'ex Masseria di Cisliano sono infatti appartenuti all'«onorata società» che di onorevole nulla aveva. Oggi sono affidate all'organizzazione Libera di don Ciotti e hanno scopi sociali importanti per rimediare a un passato da dimenticare.

Combattere la mafia - o le mafie, nelle loro infinite declinazioni - significa consapevolezza diffusa, oltre che coraggio. In questa chiave, nella sala consiliare di Palazzo Marino è stato proiettato Lea , il film di Marco Tullio Giordana che prossimamente sarà trasmesso sul piccolo schermo. In platea studenti delle superiori e universitari che hanno costretto a chiudere anticipatamente l'ingresso per esaurimento posti. Si è rivissuta così per tutti la vicenda di Lea Garofalo, la madre coraggio che ha avuto la fermezza di andare contro la «famiglia» sapendo di rischiare la morte. La donna, testimone di giustizia, è stata poi uccisa dalla 'ndrangheta il 24 novembre 2009.

Scardinare l'anonima dall'interno è possibile, dunque. E sottrarre il ruolo delle donne alla complicità, tanto importante per le cosche, è uno dei fulcri sui quali si può vincere una guerra. Non una battaglia. Intanto oggi alle 10 sempre in Comune, nella sala Alessi, si parlerà di «Estorsione e usura a Milano». Tema caldo. Fonte di disperazione. E morte.

È la percentuale dei beni sequestrati alla mafia a Milano nel bienmnio 2013-2014. Cinque anni prima erano il 38%.

La percentuale dei beni sequestrati alla criminalità organizzata nel biennio 2013-2014 in provincia di Milano.

Tani sono i beni sequestrati alla mafia in Italia dal 1997 a oggi.

In parte trattasi di confische e in parte di sequestri.

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