Cronaca locale

È il giorno di Paolo VI: 3mila partiti per Roma maxischermo in centro

Per 9 anni fu arcivescovo di Milano E la Diocesi celebra la beatificazione

È festa anche a Milano per la beatificazione di Paolo VI, che sarà celebrata oggi da Papa Francesco in piazza San Pietro. Le campane di tutte le parrocchie della Diocesi suoneranno distesa, quando Papa Bergoglio proclamerà Montini beato. E la città che ha avuto Giovanni Battista Montini come arcivescovo, dal 1954 al 1963, ha organizzato un maxischermo per la diretta in Galleria, il salotto buono in cui si è scritta tanta storia civile e artistica della modernità ambrosiana.

Fu costruita alla fine dell'Ottocento, pochi anni prima che a Concesio, Brescia, nascesse Battista. Correva l'anno 1897. E in Galleria Vittorio Emanuele, stamattina dalle 10, sarà trasmessa in diretta da San Pietro la cerimonia di beatificazione di Paolo VI. Via satellite in Ultra Hd, cioè in altissima definizione. Già ieri sul grande schermo i milanesi hanno potuto vedere Montini passeggiare in città, con le immagini degli anni in cui fu arcivescovo, tratte da un documentario realizzato da Officina della Comunicazione in collaborazione con Famiglia Cristiana.

Il cardinale Montini lasciò Milano per il Vaticano nel 1963: era stato eletto Papa e prese il nome di Paolo VI. Diventò arcivescovo alla fine del 1954 per decisione di Pio XII. Dopo tanti anni trascorsi in Segreteria di Stato, ormai diventato «un martire delle carte» (come lo definisce il postulatore milanese, monsignor Ennio Apeciti), il trasferimento a Milano, sia pure in una diocesi così importante, fu visto da molti come un allontanamento, un promoveatur ut amoveatur , perché nella Curia romana aveva prevalso un partito che non lo vedeva di buon occhio perché non era un conservatore. La porpora da cardinale, un'ovvietà per un incarico tanto importante come essere vescovo di Milano, la ricevette solo anni dopo, nel 1958, quando il Papa era Giovanni XXIII, che lo aveva in grande stima. «È passato attraverso tante difficoltà, è stato anche messo da parte, ma mai si è lamentato» commenta Apeciti, che ha potuto accedere fin ai minimi dettagli delle testimonianze sulla vita di colui che oggi diventa beato.

Lo chiamavano «il vescovo dei lavoratori», non sempre per fargli un complimento: era molto attento alla dottrina sociale della Chiesa. Appena diventato arcivescovo, volle celebrare la sua prima messa dai mutilatini di don Gnocchi, accanto ai tanti bambini disabili vittime della guerra a cui aveva dedicato la vita don Carlo, anche lui venerato tra i beati della Chiesa milanese. Poi, nei giorni del suo ingresso ufficiale in Diocesi, nel gennaio 1955, compie tre gesti forti. Bacia la terra piena di fango, tra la sorpresa dei suoi collaboratori. Va tra ai malati del Policlinico. Il terzo giorno è in visita nell'allora Stalingrado d'Italia, tra gli operai di Sesto San Giovanni. «Noi forse non vi comprendiamo abbastanza?» dirà più tardi, preoccupato di ricomporre la frattura che sentiva tra la Chiesa e il mondo del lavoro. L'apertura ai laici fu uno dei segni forti della vita da pastore: anche per riconquistarli volle la grande Missione per Milano.

Tremila milanesi saranno in trasferta a Roma per Paolo VI. I pellegrini hanno cominciato ad arrivare già da oggi e dopo la beatificazione, lunedì mattina, molti di loro parteciperanno alla messa di ringraziamento nella Basilica di San Paolo fuori le Mura.

A presiedere il successore di Montini come arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola.

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