Cronaca locale

Il governo fa pagare a Milano il salvataggio dell'Alitalia

Carlo Maria Lomartire

Alitalia o Sea? Fiumicino o Malpensa? Non ci sono dubbi, è ripetutamente provato che per governo e sindacati la sopravvivenza e i problemi di occupazione di un carrozzone (privato) romano contano più della sopravvivenza e dei problemi di occupazione di una società (pubblica) lombarda, la cui maggioranza è del Comune di Milano, cioè dei milanesi. Era chiaro fin da quando il salvataggio (provvisorio) della ormai di fatto fallita Alitalia avvenne con il sacrificio di Malpensa a favore di Fiumicino, scalo gestito da Adr, società privata anch'essa e controllata dalla famiglia Benetton. Fu il famoso dehubbing dello scalo varesino, una mazzata a cui né il governo né i sindacati si opposero. E non si oppose neppure la Lega che oggi fa la voce grossa. Dunque Etihad, aspirante nuovo padrone arabo della compagnia ex di bandiera, per mettere mano al pingue portafogli e rilevare il 40% (almeno) di Alitalia, pretende che Malpensa sia ridotta a scalo merci? Esige la liberalizzazione di Linate per portare il traffico intercontinentale su Fiumicino e Abu Dhabi, ma anche su Parigi, Francoforte, Madrid, Berlino? Non c'è problema. Anche se siamo a un anno da Expo, mentre sono in corso lavori di ristrutturazione, ampliamento e abbellimento dell'aerostazione (per sistemarci dei container, dunque?), dopo che è stato realizzato il terzo satellite, mentre si costruiscono nuovi grandi alberghi e grandi parcheggi, mentre si intensificano i collegamenti da Milano e si aspetta l'arrivo della Pedemontana. La struttura aeroportuale fino a ora è già costata un miliardo e mezzo di euro, senza contare infrastrutture di collegamento, treni, autostrade e superstrade. Un investimento colossale che governo e sindacati - preoccupati, questi ultimi, solo di Sea Handling – hanno evidentemente deciso di buttare in una roggia, ma che in realtà andrebbe computato nel costo complessivo del salvataggio di Alitalia. Per non parlare di Palazzo Marino. Qualcuno ha sentito per caso la voce di Giuliano Pisapia sull'argomento? O dell'ineffabile assessore ai Trasporti Pierfrancesco Maran, impegnato solo nella distribuzione di biciclette e nella realizzazione di creative aree pedonali qua e là? Niente, non un gemito, un flebile lamento. Eppure dovrebbero preoccuparsi del fatale deprezzamento di un asset tanto importante per il bilancio del Comune che di Sea possiede quasi il 55%. Quanto vale oggi davvero la società che gestisce la sacrificata Malpensa? Certo molto meno di quanto valeva quando nutriva ambizioni da hub intercontinentale. Di quanto il suo valore e il suo fatturato continueranno a calare per il declassamento? Comprensibile la decisione del governatore Roberto Maroni di sospendere le trattative col Comune per l'ingesso nell'azionariato Sea. Già, di quale Sea? Pisapia dovrebbe fare due conti sul danno che questa brutta china produrrà prima al patrimonio del Comune con la svalutazione del suo principale asset e poi al bilancio di Palazzo Marino, con il ridimensionamento del dividendo. E sono conti che dovrebbe fare anche un sindacato responsabile e non corporativo del quale, purtroppo, al momento non disponiamo. Ma che dovrebbero interessare molto a tutti i milanesi, continuamente chiamati da questa giunta a risolvere i suoi problemi di bilancio con tasse e tariffe.

Dovremo forse pagare anche il deprezzamento della Sea? Dopo il danno, la beffa.

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