Cronaca locale

«Ho vinto il Campiello ringrazio il mio liceo»

La 17enne che si è aggiudicata il premio giovani: devo molto ai prof del Beccaria

Stefania Vitulli

«Devo chiamare la mia insegnante!», protesta per sganciarsi dall'assalto dei giornalisti la 17enne Ludovica Medaglia, milanese doc, zona viale Stelvio, che si è aggiudicata ieri a Venezia la 21sima edizione del premio Campiello Giovani promosso da Confindustria Veneto con il racconto «Wanderer». Ludovica è stata scelta dalla giuria dei Letterati, presieduta da Ernesto Galli della Loggia, fra oltre 300 giovani tra i 15 e i 22 anni e ha trionfato su altre quattro finaliste. Tutto è partito dal tuo liceo, il classico Beccaria. «Che vorrei ringraziare. Sono venuti a parlare del Campiello a scuola e abbiamo partecipato in tantissimi. E poi devo molto alle mie professoresse, Silvana Trussardi del biennio e Elena d'Incerti del triennio, perché mi hanno sempre stimolata a scrivere». Come mai? «Io fin da piccola non ho mai pensato di scrivere. Per me l'idea, come renderla, i personaggi, è tutto molto faticoso. Forse hanno avuto fiducia in me: gli insegnanti vedono cose che noi non vediamo».

Nel tuo racconto i protagonisti sono un vecchio pianista e la musica. Da che cosa hai preso ispirazione?

«Da mio nonno Emilio, grazie al quale amo la musica. Anche se a lui piace Mozart e a me Beethoven. Io suono il pianoforte, mentre lui non ha mai potuto. Mi ha trasmesso il fuoco che ha dentro, tutte le volte che l'andavo a trovare. E quando alle persone brillano gli occhi per una passione, il contagio è immancabile».

E tra gli scrittori, chi ami?

«Non amo scrittori, amo libri. Il nome della rosa e Anna Karenina».

Sei giovanissima: che cosa significa per te scrivere? «Qualcuno mi ha chiesto: ma è un canale di sfogo? Ho risposto di no, ma poi ho capito che in quello che scrivo c'è molto di me, anche se cerco di nasconderlo. L'ottimismo. E infatti il mio finale è pieno di speranza. Oppure il fatto che abbia scelto un enfant prodige come protagonista perché io non sono granché al piano: alla fine anche lui scopre che ha dei limiti, che è umano».

Qualcuno ti ha chiesto anche che cosa scriverai in futuro e sei rimasta perplessa.

«Difficile parlare del futuro in un giorno così: sei troppo impegnato a goderti il presente. Mi piace la poesia e vorrei provarci. Ma con il tempo. Adesso vorrei fare due anni in uno, per guadagnare un anno di vita, da spendere per capire che cosa voglio».

Che cosa diresti a chi ha la tua età e non vuole leggere?

«La lettura ti apre un mondo: l'arte è più bizzarra della vita e i libri possono offrire grandissime cose».

Vivere a Milano ti ha aiutato fin qui?

«Milano mi ha offerto grandi opportunità e stimoli: vado alla mostre di Palazzo Reale fin da piccola. E poi le attività culturali, la musica. A giugno in piazza Duomo ho potuto ascoltare Marta Argerich, la più grande pianista vivente».

C'è un luogo di Milano che ti ispira?

«Proprio il Duomo. Guardare la città dalle guglie mi dà un senso di potenza.

E poi ho letto un bellissimo racconto di un ragazzino delle medie ambientato nel 1300, sugli operai della Fabbrica del Duomo: è uno dei pochi racconti che ho letto che vorrei emulare».

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