Cronaca locale

I calchi di Arturo Martini scultore del Palazzaccio

In mostra i modelli dell'artista che ha scolpito le statue poste sulla facciata del tribunale

I calchi di Arturo Martini scultore del Palazzaccio

Paolo Baldacci, professore, saggista, critico e specialista su Giorgio de Chirico, sostiene che «all'inizio del periodo fascista l'arte era libera. Una ricostruzione storica corretta non criminalizza il periodo che va fino agli anni Trenta. Il primo dopoguerra è stato straordinario, gli artisti erano motivati semmai a trascinare l'Italia fuori dalla crisi dopo la I guerra mondiale». Una valutazione storico artistica importante, osservando nell'atrio di Villa Necchi Campiglio in via Mozart 14 il gesso del 1937 «La famiglia Figliol prodigo» di Arturo Martini, l'artista trevigiano adottato da Milano attivo in epoca fascista. Il calco è una parte di «Giustizia corporativa», al primo piano del Palazzo di Giustizia. Il Fai presenta a Villa Necchi la mostra Arturo Martini e il monumento per il Palazzo di Giustizia a Milano in cui, fino al 6 maggio, sono esposti il bozzetto originale in gesso, due altorilievi che servirono come modelli per il gruppo degli «Intellettuali» e della «Famiglia» e un bozzetto in bronzo di quest'ultimo.

Tutt'attorno al simbolo femminile della Giustizia, Martini ha distribuito passioni e ambizioni, eroismi e vanità, protagonisti della fede, della famiglia e anche gli emarginati dalla società. I calchi di gesso venivano inviati a Carrara dove i marmisti, sotto il controllo e la direzione dell'artista, li ricreavano su marmo e poi li spedivano a Milano. Non è un caso che questo approfondimento su «Giustizia corporativa» si trovi a Villa Necchi: qui erano presenti 4 sculture dell'artista trevigiano grazie a Claudia Gian Ferrari, gallerista, collezionista e studiosa, che ha lasciato al Fai la sua collezione di capolavori del Novecento, 45 pezzi - di cui 4 a firma di Martini - donati prima della morte (2010) e tutti esposti a Villa Necchi.

Questa non è l'unica mostra del momento che approfondisce l'arte tra le due guerre. Infatti, che i suoi esponenti avessero una chiara vocazione profetica verso il miglioramento del mondo è alla base dell'idea di Germano Celant, curatore di Post Zang Tumb Tuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943. Alla Fondazione Prada, in largo Isacco 2, fino al 25 giugno sono esposte oltre 600 opere tra dipinti, sculture, disegni e una selezione di 800 documenti dell'epoca tra manifesti, fotografie, arredi e modelli architettonici realizzati da più di un centinaio di autori durante il fascismo. La cultura era usata dal fascismo come uno strumento flessibile, adattabile e moderno. Un mezzo funzionale per «rifare» gli italiani, plasmando la loro esperienza del mondo.

Ecco quindi i quadri di Giacomo Balla, Carlo Carrà, Giorgio De Chirico, Fortunato Depero o Mario Sironi.

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