Cronaca locale

I cinesi mettono il bollino ai locali dove il sushi è doc

Dopo gli allarmismi persi 8 milioni in due settimane. Volantini e vetrine "parlanti" nei ristoranti di qualità

I cinesi mettono il bollino ai locali dove il sushi è doc

Hanno perso 8 milioni di euro in due o tre settimane. A ottobre è bastato un titolone sul «mal di sushi in città» per tenere alla larga dai circa 800 ristoranti giapponesi gestiti da cinesi in città dal 20 fino al 50 per cento della clientela abituale. «Siamo andati ovviamente a fondo» fa presente Francesco Wu, presidente dell'Unione imprenditori Italia-Cina (Uniic) che conta circa 400 soci, e un'ottantina sono titolari di locali cinesi e soprattutto giapponesi. E dopo l'incontro con Ats e Confcommercio ha ridimensionato l'allarme ricoveri e sushi: «Da inizio anno sono state ricoverate 53 persone dopo aver consumato del pesce crudo, e meno del 10% avevano mangiato sushi. Stiamo quindi parlando di pochissimi casi su 18 milioni di pasti serviti all'anno, diciamo che è stata una mezza bufala, una disinformazione che ci ha procurato danni enormi sul fatturato per qualche settimana».

Ora il business è tornato (quasi) ai livelli di prima, ma l'associazione ha deciso di passare alla controffensiva e rispondere alla sindrome del «mal di sushi» con «il sushi per bene», una campagna contro gli allarmismi partita ieri. Sono state stampate decine di migliaia di volantini informativi sulla provenienza degli ingredienti, la tecnica di conservazione, qualche consiglio per gustare il sushi al meglio. Vengono «serviti» a tavola accanto ad ogni coperto nei locali aderenti all'Uniic, a breve esporranno anche una vetrofania. Sarà un bollino di trasparenza: «Noi garantiamo la qualità dei prodotti nei locali che aderiscono alla nostra associazione - sottolinea Wu insieme a Sheng Song, che dal 23 dicembre diventerà il nuovo presidente dell'Unione nata nel 2012 (Wu rimarrà onorario, ndr.) -. Il pesce in tutti i ristoranti di Milano, cinesi e non, viene fornito da due o tre distributori italiani, c'è un regime di oligopolio. Il prodotto è lo stesso per tutti. I problemi possono nascere se non viene fatta una corretta conservazione o se il procedimento per abbattere il pesce crudo non viene fatto a temperature adeguate». Spiega ad esempio Jininyue Hu, titolare del ristorante Izu di corso Lodi, che «già osservando la vetrina dove è esposto il pesce si può capire molto. Il tonno ad esempio deve essere di un colore rosso ma naturale, non fosforescente. In bocca non deve essere nè stopposo nè acquoso, perchè altrimenti significa che è stato congelato o conservato male, deve sciogliersi al palato».

Wu e Song spiegano che l'Uniic punta a sfatare «alcuni tabù e leggende metropolitane, si immagina che la ristorazione cinese sia offerta a basso costo a scapito della qualità. Con l'avvento delle seconde generazioni non è più vero, i titolari sono attentissimi a qualità, innovazione, km zero. Non sconsigliamo in maniera tassativa gli all you can eat, ne abbiamo qualcuno tra i soci e perseguono il trattamento del pesce secondo le regole. Riescono a tenere più bassi i prezzi perchè riducono all'osso il contorno, il servizio, e questo non preclude la sicurezza. Ma noi garantiamo per i nostri soci».

E da ieri hanno messo il bollino «Sushi per bene» all'ingresso e in tavola.

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