Cronaca locale

I mercati storici della Lombardia Una piazza imbandita per due secoli

I mercati storici della Lombardia Una piazza imbandita per due secoli

Per celebrare i suoi novant'anni, la Fondazione Mudima di via Tadino ha organizzato una cena in sintonia con l'importanza e il profilo del festeggiato: ottanta invitati, scelti all'interno dell'élite culturale milanese, e come chef un artista internazionale qual è Daniel Spoerri. Storico dell'arte, poeta e leggendario gallerista, nato ad Alessandria d'Egitto ma attivo Milano (la città della famiglia materna) dal 1949, Arturo Schwarz è uno degli ultimi protagonisti di quel clima di fervore internazionale che ha caratterizzato il capoluogo lombardo tra gli anni '50 e i '70. Cioè quando, nell'attuale quadrilatero della moda, c'erano librerie e gallerie, come quella di Schwarz, in cui ci si poteva imbattere in Marcel Duchamp o Max Ernst. Nel 2007 Schwarz ha raccolto le sue «riflessioni di un ateo anarchico» nel libro «Sono ebreo, anche»: questa medesima congiunzione, “anche” ricompare nel titolo di un volume del 1997, «L'avventura surrealista: amore e rivoluzione, anche». Per sapere cos'anche è stata l'avanguardia fondata da André Breton nel 1924, è opportuno munirsi di «Il Surrealismo ieri e oggi. Storia, filosofia, politica», il volume edito da Skira presentato in questi giorni al Teatro Franco Parenti da Natalia Aspesi e Demetrio Paparoni. Questa pubblicazione, composta da ben 800 pagine cartacee e da un cd, dimostra che « il Surrealismo oggi è più attuale che mai. Ci sono tuttora moltissimi surrealisti sparsi per il mondo – racconta Schwarz al Giornale – dei quali ho inserito i testi più significativi nel libro. Il cd raccoglie invece il repertorio completo di tutte le mostre, personali e collettive, e di tutti i periodici realizzati dai membri del gruppo». Già, ma in sintesi cos'è il Surrealismo? «Potremmo forse considerarlo “una poetica dell'anche”, le cui premesse sono implicite nel verso di Rimbaud che dice “io sono un altro”. La realtà è sempre doppia, c'è sempre il risvolto del sogno, del desiderio. Però anche il desiderio ha il suo risvolto nella realtà. Sui muri della Sorbona, nel maggio del ‘68, ho letto un perfetto motto surrealista: “Prendo i miei desideri per realtà perché credo nella realtà dei miei desideri”».

Ma era uno slogan dei giovani rivoluzionari parigini … «Infatti il Surrealismo è rivoluzionario per definizione. È una filosofia della vita, prima che dell'arte, un tentativo di cambiare l'esistenza per trasformare il mondo». Lei è stato anche un tramite del movimento surrealista con l'Italia, e in particolare con Milano. «Specialmente tra il 1954 e il 1975, gli anni in cui ho avuto la mia libreria e galleria in via della Spiga, che inaugurai proprio con un “Omaggio a Duchamp”». In quel periodo anche lei aveva un suo doppio, un suo alter ego. «Sì, firmavo i miei testi Tristan Sauvage. Mi sentivo allo stesso tempo un po' un selvaggio e un po' come il protagonista di “Tristano e Isotta”. Con quel nome, nel '57, ho anche pubblicato il primo libro sull'arte del dopo guerra, con molti riferimenti alla scena milanese, “Arte in Italia 1947-1957”». Un testo fondamentale della storia dell'arte del ‘900. «Fondamentale, lei dice? Sappia allora che l'ha firmato Tristan Sauvage, ma l'ha pagato di tasca sua Arturo Schwarz». E ora, che fine ha fatto Tristan Sauvage? «Ora mi sono riconciliato con il mio nome.

E con me stesso, anche».

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