Cronaca locale

I pm contro i giudici No alle attenuanti, troppo teneri coi boss

La Procura ricorre in Appello contro i clan: sconti di pena indiscriminati e immotivati

I pm contro i giudici No alle attenuanti, troppo teneri coi boss

«Hanno sparso attenuanti come se fossero prezzemolo»: così, all'indomani della sentenza, negli ambienti della Procura erano stati commentati gli sconti di pena concessi il 22 febbraio agli imputati dei clan di Quarto Oggiaro, con in testa il vecchio boss Biagio «Dentino» Crisafulli. Riconoscendo le attenuanti generiche praticamente a tutti gli imputati, i giudici della Settima sezione penale avevano inflitto pene sensibilmente più lievi di quelle richieste dalla pubblica accusa. E ora arriva l'atto formale che esprime il dissenso della Procura verso l'indulgenza dei giudici: il pm Marcello Musso ha depositato il ricorso in appello contro la sentenza, chiedendo che a Crisafulli e ad altri ventotto imputati vengano negate le attenuanti, e che le loro pene vengano pertanto aggravate.

L'elenco dei curriculum criminali dei protagonisti del processo - da Crisafulli a Gerardo «Kriminal» Gadaleta a Antonino Paviglianiti, tutti navigatori di decenni della malavita milanese - in effetti fa una certa impressione, e non è consueto che a personaggi di questa caratura vengano concesse la attenuanti. In questo caso il tribunale ha fatto una scelta pragmatica: di fronte ad un processo sterminato, che si trascinava da anni e con il rischio concreto di doversi fermare nuovamente per una perizia sulle intercettazioni telefoniche, il tribunale e gli avvocati hanno stretto una sorta di gentlemen agreement: i difensori rinunciavano a chiedere la perizia, e il tribunale ne avrebbe tenuto conto al momento della sentenza. Il «comportamento processuale», d'altronde, è uno dei criteri per calcolare la pena. Impegno mantenuto: a Crisafulli inflitti vent'anni invece dei trenta chiesti dal pm, a Paviglianiti otto anzichè diciassette. Eccetera.

Ma Musso non si arrende, e nel ricorso critica senza eufemismi la sentenza. «Il pm contesta ed impugna il riconoscimento delle attenuanti generiche, che sono state applicate a tutti gli imputati condannati: indiscriminatamente proprio a tutti. Il riconoscimento di tale attenuante non risulta motivato da specifiche condotte processuali di ciascuno o da personalità degli imputati meritevoli del beneficio, trattandosi di criminalità organizzata, pianificata e protratta, socialmente molto pericolosa». Come è possibile, chiede il pm, concedere le attenuanti a uno come Crisafulli? «Nonostante l'ormai lungo periodo (decenni) di detenzione che sta scontando, l'indagine e la condanna dimostrano che il quartiere di Quarto Oggiaro risulta essere ancora sotto il suo controllo». Idem per Paviglianiti: «La famiglia Paviglianiti è famiglia ndranghetista, che agisce per favorire la ndrangheta, e la condotta di Antonino è di una gravità tale da non rendere possibile l'applicazione delle generiche». Musso se la prende anche con le poche assoluzioni pronunciate dal tribunale: tra queste quella dell'ex agente penitenziario Maurizio Miriello, che portava a San Vittore i telefoni che Crisafulli utilizzava per dirigere anche dal carcere i suoi traffici. I giudici lo hanno dichiarato colpevole solo di corruzione e non di concorso esterno nell'associazione di narcos, e lo hanno prosciolto per prescrizione. Ma secondo il pm la decisione è resa possibile solo «grazie ad errori di ricostruzione della prova e ad almeno un vizio logico-giuridico».

L'associazione criminale «continua a sopravvivere e ad operare anche grazie al Miriello che aiuta e favorisce i collegamenti tra i detenuti e i liberi: telefonini; schede telefoniche; ed ogni oggetto portato in carcere dal Miriello; messaggi portati dal carcere ed in carcere; e così via».

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