Cronaca locale

I residenti tra paura e rabbia verso le istituzioni «Altro che 300, qui ci sono 4mila posti letto»

La protesta del comitato «Abbiamo raccolto 6mila firme, ma non ci hanno ricevuto»

Michelangelo Bonessa

Preoccupati, in attesa, ignorati dalle istituzioni. L'apertura di un centro di accoglienza nella caserma Montello suscita reazioni contrastanti tra chi vive intorno a via Caracciolo. I politici hanno trasformato la protesta del Comitato «Giù le mani dalla Montello» in uno scontro che contrappone chi è a favore dell'accoglienza e chi è contro. I cittadini che hanno presidiato la struttura militare per settanta giorni, però, non erano contro i migranti in generale, ma avversavano l'utilizzo di quel particolare immobile proponendone altri di proprietà comunale alla Prefettura e alle istituzioni.

Anche per questo Daria Katarzyna Janik, presidente del gruppo di residenti, ha lamentato la «mancanza di un incontro con le autorità, nonostante le 6mila firme raccolte». Linea simile a quella di Tullio Trapasso, portavoce del comitato: «Anche se riconosciamo alle istituzioni la correttezza con cui hanno gestito i rapporti con noi, mi sembra che ci sia stata una mancanza di trasparenza». L'arrivo dei primi migranti un giorno prima rispetto a quanto annunciato non è piaciuto. E in totale fino a gennaio 2017 saranno trecento intorno alla strada intitolata a un ammiraglio che nel Settecento combatté per la libertà italiana contro i pirati, i francesi e gli inglesi dell'ammiraglio Nelson (che lo condannarono a morte).

«Dovremmo stare calmi e vedere cosa succede prima di agitarsi, se hanno detto che arrivano solo questi sarà vero - dice Roberto, residente nel quartiere da 26 anni, da dietro il bancone del suo bar - Non è vero che una volta arrivati i primi non si potrà fare niente, sicuramente trecento persone qui in centro a Milano possono creare dei problemi, ma prima di agitarsi vediamo come va». Giuliano, che ha trascorso il periodo di leva proprio nella Montello, è molto più in ansia proprio per la scelta di questo particolare immobile: «Sotto ci sono tunnel che arrivano in tutta la città, anche se sono stati chiusi come possiamo essere sicuri che non vengano riaperti? Anche perché adesso arrivano 300 profughi, ma lì dentro ci sono 4mila posti letto».

«Noi non siamo contro l'accoglienza, ma contro questo tipo che ghettizza le persone in arrivo e preoccupa gli abitanti di un quartiere che aveva già i suoi problemi - spiega Francesca - Vogliamo che sia rispettato il protocollo e che non siano solo uomini, ma che ci siano anche donne e bambini, non vogliamo vivere nella paura». Per Pippo, titolare dell'officina alle spalle della caserma «se chiedete in giro, gli unici contenti saranno quelli che verranno pagati per gestire i servizi perché guadagneranno molto, qui intorno già Pisapia ha dato le case ai rom: poco dopo mi hanno rubato un'audi A4 e l'assicurazione del cliente si è rivalsa su di me per 35mila euro, adesso temo che peggiorerà ancora, ma questa è Milano.

Qui dietro alcuni cinesi avevano aperto un bordello dove la polizia ha contato 150 clienti ogni tre giorni, io ho messo a disposizione casa mia per gli appostamenti: dopo settimane di indagini, un giorno la signora che aveva l'appartamento ha riconsegnato le chiavi e il giorno successivo un agente mi ha detto che sarebbero intervenuti, ma a quel punto a fare cosa? In Sicilia non sarebbe successo».

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