Cronaca locale

I Ri-scatti degli ultimi vanno in mostra alle Gallerie d'Italia

Fondazione Cariplo presenta le «storie di strada» di 13 fotografi senza fissa dimora

Francesca Amè

«La cultura bella è un diritto di tutti, specie dei poveri», ha detto pochi giorni fa papa Francesco. Un'utopia? No, se si crea la giusta alleanza tra terzo settore, istituzioni pubbliche e private. Succede da oggi e fino al primo settembre nelle eleganti sale delle Gallerie d'Italia di piazza Scala dove è allestita la mostra 13 storie della strada: fotografi senza fissa dimora, un viaggio dalla periferia al cuore della città.

La mostra, curata da Dalia Gallico e scandita in una cinquantina di scatti, è solo la punta dell'iceberg di un ampio progetto di inclusione culturale che Milano da tempo ha imparato a conoscere, grazie alla onlus Ri-scatti, impegnata, attraverso lo strumento della fotografia, a sostenere la libera espressione artistica di soggetti più deboli o in difficoltà. In passato ha lavorato con la comunità immigrata poi con i teen ager che subiscono lunghe degenze al Policlinico e quest'anno, grazie alla collaborazione con la Fondazione Cariplo, si è concentrata sui senza tetto.

«Ho sempre pensato che per risvegliare le coscienze dovremmo portare gli ultimi nel centro delle nostre città. Quando questo accade li allontaniamo perché ci dà fastidio vedere persone fragili davanti alle vetrine sfavillanti che magari ci chiedono l'elemosina. Questa mostra fotografica ha invece il merito di aver portato gli ultimi al centro in un modo diverso, da protagonisti, riservando loro il palcoscenico che di solito si lascia ai grandi fotografi», ha detto il presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, commentando il suo addio all'istituzione che ha guidato per 22 anni (oltre 30mila progeti finanziati, 3 miliardi investiti nel sociale e nel welfare). Intensi gli scatti esposti: ci sono bambini che ridono per strada, angoli in centro che osserviamo per la prima volta e strade di periferia di cui ignoriamo la geolocalizzazione.

Soprattutto, ci sono alcuni degli oltre 1500 progetti che la Fondazione porta avanti e ai quali gli apprendisti fotografi si sono accostati muniti di obbiettivo: il verde organizzato degli orti urbani, i sorrisi degli artisti di strada, gli interni di appartamenti a misura di disabile', il laboratorio di una scienziata.

Quello che vediamo esposto non è un normale reportage perché, come ha spiegato Federica Balestieri, fondatrice di Ri-scatti Onlus, «gli autori più di qualunque fotografo professionista hanno saputo aderire alle storie che raccontavano, perché spesso parlavando di un disagio che a loro era famigliare». Doppio riscatto, dunque: la fotografia è riuscita a donare dignità allo sguardo di persone che i nostri occhi tendono a scansare e ha dato risalto, a sua volta, ad altre realtà periferiche e poco note, ma meritevoli di attenzione. Delle oltre 9800 fotografie realizzate dai tredici senza fissa dimora durante il workshop ne vediamo in mostra solo alcune: il progetto è durato un anno, durante il quale alcuni hanno seguito con rigore le lezioni, altri si sono persi, inghiottiti dalla strada, e oggi ci rimangono solo le loro visioni impresse su carta fotografica, altri ancora si sono raccontati in videointerviste esposte, insieme alle foto, alle Gallerie d'Italia, sede museale di Intesa San Paolo.

Dalle periferie metropolitane a piazza della Scala: la bellezza, diceva Dostoevskij, salverà il mondo.

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