Cronaca locale

Imbattuto per 100 match Nuovo riconoscimento al lottatore dei record

Cristina Bassi

Bruno Danovaro compirà 49 anni a fine mese. I lustri per lui però, come la fatica, non sono affatto un problema. Visto che continua a macinare record e che come ha fatto molte altre volte ha messo nel mirino un obiettivo che intende centrare. Dopo aver lottato e vinto titoli nazionali e internazionali in specialità come il karate, il judo, il wrestling, la lotta russa (Sambo) e il grappling, che riunisce tutti gli stili di lotta, si sta cimentando con un classico dell'agone: la lotta greco romana e lotta libera. «Ho deciso di confrontarmi con una disciplina della tradizione - spiega l'atleta nato a Genova ma cresciuto al Giambellino -. Mi sto allenando duramente e punto a debuttare in gara molto presto».

Intanto domani Danovaro riceverà a Milano dalla Wfc (World Fighters Corporation) un riconoscimento per l'imbattibilità in 100 match da professionista negli sport da combattimento, categoria medio massimi. Lo scorso anno la stessa Wfc e la Fiscam (Federazione italiana sport da combattimento arti marziali) lo hanno eletto miglior atleta dell'anno. Ogni forma di lotta o di impiego sportivo della forza per il 48enne tifosissimo del Genoa è una sfida. Negli Stati Uniti ha praticato il sollevamento pesi a livello professionistico, stabilendo record mondiali e diventando per gli americani «L'uomo più forte del mondo». Poi anche il rugby, il football americano, persino il rodeo ufficiale Irca (Italian rodeo cowboys association), dove monta due tori. «Il primo mi ha calpestato per un errore non mio - sottolinea -, il secondo mi ha procurato una lesione al bicipite».

Esibizioni di forza e abilità? «Mai fini a sé stesse - dice ancora Danovaro -. Per tutta la carriera mi sono attivato contro la droga, dentro e fuori lo sport, contro il bullismo e la violenza sulle donne». Il suo impegno lo ha portato spesso nelle scuole. Le giornate di allenamento le trascorre a Città Studi o alla University of fighting di via Ripamonti. «Mio nonno Vittorio mi raccontava delle imprese dei campioni nella lotta olimpica - conclude l'atleta -.

Il mio è un omaggio alla storia».

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