Cronaca locale

Infami bruciano la corona sulla lapide di Sergio Ramelli

Infami bruciano la corona sulla lapide di Sergio Ramelli

Infami. Subumani. Ma soprattutto vigliacchi senza onore che approfittano della notte per commettere un gesto che dovrebbe far orrore anche al più abietto degli esseri umani. Non a loro, evidentemente, che dell'umanità non fanno parte se hanno potuto dar fuoco alla corona d'alloro appoggiata sulla lapide che ricorda una ragazzo morto con il cranio sfondato davanti agli occhi della mamma Anita affacciata alla finestra. La sua colpa? Aver sognato un mondo migliore ed essersi impegnato per cercare di realizzarlo.

È destinato a non avere pace il santuario laico che rende onore al luogo del martirio di Sergio Ramelli, il diciottenne del Fronte della Gioventù sprangato da un commando di Avanguardia operaia dopo essere stato segnalato dai comunisti dell'Istituto tecnico Molinari per il suo tema contro le Brigate rosse.

«Ramelli capisce, si protegge la testa con le mani. Ha il viso scoperto e posso colpirlo al viso. Ma temo di sfregiarlo, di spezzargli i denti. Gli tiro giù le mani e lo colpisco al capo con la chiave inglese. Lui non è stordito, si mette a correre. Si trova il motorino fra i piedi e inciampa. Io cado con lui. Lo colpisco un'altra volta. Non so dove: al corpo, alle gambe. Non so. Una signora urla: Basta, lasciatelo stare! Così lo ammazzate! Scappo, e dovevo essere l'ultimo a scappare». E poi. «Aspettammo dieci minuti e mi parve un'esistenza. Guardavo una vetrina, ma non dicevo nulla. Ricordo il ragazzo che arriva e parcheggia il motorino. Marco mi dice: Eccolo, oppure mi dà solo una gomitata. Ricordo le grida. Ricordo, davanti a me, un uomo sbilanciato. Colpisco una volta, forse due. Ricordo una donna, a un balcone, che grida: Basta!. Dura tutto pochissimo... Avevo la chiave inglese in mano e la nascosi sotto il cappotto. Fu così breve che ebbi la sensazione di non aver portato a termine il mio compito. Non mi resi affatto conto di ciò che era accaduto», sono le atroci testimonianze degli imputati riportate nei Cuori neri di Luca Telese.

C'è altro da dire? Come possono essere qualificati i malvagi che hanno dato fuoco alla corona? O quelli che periodicamente vandalizzano il murales «Ciao sergio»? E come possono essere catalogati politici del Pd, sindacalisti, Anpi (ma anche sindaco e assessori) e compagnia cantante che ancora una volta tace di fronte a tanta disumanità? Lasciandosi magari sfuggire un sorrisino, perché forse anche oggi (come allora) uccidere un fascista non è un reato.

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