Cronaca locale

«Innamorati» a Milano Shammah rilegge il classico di Goldoni

«Innamorati» a Milano Shammah rilegge il classico di Goldoni

«Gli innamorati è una commedia in cui i personaggi si muovono in perenne contraddizione con se stessi e fra loro, un'opera in cui la dialettica di un fatto vitale prende corpo e sostanza: perciò va considerata un esempio di indagine estremamente concreta sull'essere umano». Queste riflessioni di Giorgio Strehler valgono forse come premessa all'allestimento del testo di Goldoni che debutterà mercoledì al Franco Parenti (fino al 6 aprile). Nella versione di Andrée Ruth Shammàh, Gli innamorati è una commedia all'insegna della dialettica, quanto mai concreta e vitale, «tra romanticismo e cinismo»: una contraddizione in cui «si rispecchia un oggi fortemente nevrotico», nel quale, proprio come nella drammaturgia di Goldoni, «l'amore si manifesta attraverso gelosie, musi lunghi per ogni minima ombra, puerili ripicche, clamorose rotture, seguite però da repentini pentimenti, suppliche accorate e solenni giuramenti che intrappolano il pubblico in un intreccio dove si ride e ci si dispera, presi da attimi di vera malinconia». La storia ruota attorno a due giovani, Eugenia e Fulgenzio, che «per l'essere troppo innamorati l'uno dell'altro finiscono per tormentarsi, benché nulla si opponga al loro amore». La contrapposizione fra il desiderio dell'altro e la paura dell'altro, e le continue diatribe che ne derivano, «scatenano una tensione vibrante che attraversa tutti i personaggi e fa in modo che agli occhi del pubblico risultino così umani da risultare vicini alla nostra sensibilità». La Shammah insiste molto sulla natura «straordinariamente contemporanea» del testo goldoniano, integrato con «poche, aggraziate frasi», con singole battute da lei scritte per «alleggerire l'inevitabile leziosità del linguaggio settecentesco dell'autore».

L'intervento della regista è finalizzato soltanto a «evidenziare la modernità della drammaturgia senza scadere nell'attualità», senza stravolgerla in nome di una sperimentalità più o meno arbitraria.

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