Cronaca locale

Isis, condanna confermata alla sorella di Fatima «Mia sorella? Forse è morta in Siria»

Cinque anni e quattro mesi di cella, i giudici non le concedono i domiciliari

Condanna a cinque anni e quattro mesi di carcere confermata e nessuna scarcerazione per Marianna Sergio. A un anno esatto dalla sentenza di primo grado, con il rito abbreviato, arriva il verdetto della Corte d'assise d'appello per la sorella maggiore di Maria Giulia, diventata «Fatima» e ormai in Siria sotto le insegne dell'Isis. Marianna rispondeva dell'accusa di terrorismo internazionale. Ieri i giudici hanno ribadito anche le condanne per gli altri tre imputati: rispettivamente tre anni e otto mesi e due anni e otto mesi per Arta Kakabuni e Baki Cocku, gli zii del marito di Fatima Aldo Kobuzi. E tre anni per Lubjana Gjecaj, accusata di favoreggiamento.

Respinta inoltre l'istanza del difensore di Marianna Sergio, Francesco Petrelli, che chiedeva per lei gli arresti domiciliari. «A luglio saranno due anni che si trova a Rebibbia in regime di alta sicurezza ed è l'unica degli arrestati in questa vicenda ad essere ancora detenuta», ha detto l'avvocato. Che a sostegno della richiesta ha spiegato: «Don Sandro Spriano, cappellano della sezione femminile di Rebibbia, ha dichiarato di essere disponibile ad accogliere Marianna nella sua struttura non lontana dal carcere. Per la mia assistita sarebbe il giusto contrappasso e il dialogo interreligioso in questo modo riporterebbe un po' di normalità». Per i giudici però, sussiste il «pericolo di fuga». Conclude il legale sulla sentenza: «È ingiusta. Sono sicuro che la Cassazione la annullerà riaffermando i principi in materia».

Marianna Sergio fu la prima in famiglia a convertirsi all'Islam radicale. Sua sorella Fatima, partita per il Califfato, è invece la prima foreign fighter italiana ad essere stata condannata (a nove anni in primo grado) per terrorismo internazionale. Coinvolti nell'inchiesta anche la madre Assunta, morta prima di arrivare al processo, e il padre Sergio, condannato dal Tribunale a quattro anni. Prima della sentenza Marianna è intervenuta all'udienza in videoconferenza dalla prigione. Indossava un velo e una tunica viola. «Non credo - ha dichiarato - che mia sorella sia ancora viva, perché era malata». La ragazza si è professata innocente: «Sono contro qualsiasi atto di matrice terroristica o politica. Il terrorismo non c'entra con l'Islam. Guardandomi indietro, mi rendo conto di essere stata ingenua. Io e la mia famiglia volevamo solo riunirci pacificamente a Maria Giulia che era in Siria per starle vicino e per completare la nostra fede. Mai avrei pensato che andare in Siria fosse un reato (l'accusa è anche di aver organizzato il viaggio verso il Califfato, poi saltato a causa degli arresti, ndr). Oggi non credo che rifarei quello che ho fatto». In mattinata il sostituto pg Nunzia Ciaravolo aveva appunto chiesto la conferma delle condanne: «Sono adeguate - ha sostenuto - per l'assoluta gravità dei fatti. Per l'adesione ai principi dell'Isis, per la messa a disposizione totale di questa ideologia e la piena partecipazione all'organizzazione terroristica. Dalle intercettazioni, abbiamo saputo anche che c'era la disponibilità a uccidere in Italia».

CBas

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