Cronaca locale

Il jazz «libero» di Abrams all'Aperitivo del Manzoni

Domani in concerto il pianista che ha unito tradizione afroamericana e avanguardia

Luca TestoniParli di free jazz e la mente corre inevitabilmente a due giganti del calibro di John Coltrane (il suo disco capolavoro, A love supreme, uno dei titoli più amati e studiati della storia del jazz, risale al febbraio del 1965) e di Ornette Coleman che questa corrente jazz, quella più libera, anticonvenzionale e ancora oggi, forse, più moderna, l'ha addirittura inventata (porta infatti la sua firma il rivoluzionario affresco a tutta improvvisazione dal titolo, guarda caso, Free Jazz, datato 1960).Complice uno stile pianistico innovativo, punto d'incontro tra tradizione ancestrale afroamericana e avanguardia, e ad arrangiamenti che lo hanno addirittura portato a spingersi ai confini della musica classica, anche Muhal Richard Abrams, figura di riferimento della musica e, più in generale, della cultura nera made in Usa, attesissimo ospite dell'esibizione targata «Aperitivo in Concerto» in programma domani mattina (ore 11) al Teatro Manzoni, ha fornito un contributo significativo alla crescita e all'evoluzione del free jazz. Un contributo che affonda le sue radici all'inizio degli anni Sessanta: prima col progetto Experimental Band, un gruppo che, sperimentando nuovi generi musicali, influenzò i musicisti d'avanguardia cercando nuovi sbocchi espressivi e poi con l'esperienza dell'agguerrita Association for the Advancement of Creative Musicians - l'Associazione per l'avanzamento di musicisti creativi -, di cui è stato socio fondatore a Chicago nel lontano 1965 e dalla quale presero le mosse gli Art Ensemble of Chicago di un altro vecchio maestro come Roscoe Mitchell, attraverso la quale elaborò un approccio al jazz con un impeto creativo ed informale che avrebbe influenzato le generazioni musicali a venire. Da allora in avanti, la ricerca applicata al jazz ha avuto molto a che fare con questo arzillo 85enne pianista e compositore di Chicago, di nuovo a Milano dopo anni di assenza alla testa di quintetto (alla prima volta europea in assoluto) del quale fanno parte alcuni nomi di spicco della scena jazz internazionale contemporanea come il trombettista (ex collaboratore di Steve Coleman) Jonathan Finlayson, il vibrafonista Brian Carrot, il contrabbassista Brad Jones e il batterista Reggie Nicholson.

Si tratta certamente dell'ensemble migliore con il quale passare in rassegna il jazz sofisticatamente sperimentale, ma allo stesso tempo radicato nel blues e nel post-bop, di Muhal Richard Abrams, fantasioso guru dotato di una musicalità profonda e senza tempo che ancora oggi resta protesa verso la ricerca e la non omologazione.

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