Cronaca locale

Kienholz, il lato oscuro dell'uomo

Nelle installazioni dell'artista americano cronache brutali dalla contemporaneità

Marta Calcagno Baldini

L'arte può essere obbiettiva quanto la realtà, e spingere alla riflessione sull'abbruttimento cui sanno ridursi alcuni esseri umani. È ciò che si pensa attraversando e percorrendo l'installazione «Five car Stud» del 1969-1972, ospite alla Fondazione Prada di Milano nella mostra dell'artista americano autodidatta Edward Kienholz (1927-1994) a cura di Germano Celant. L'installazione rappresenta un ambiente, buio, in cui si trovano quattro automobili con i fari accesi e un pic-up a formare un cerchio: per terra c'è della sabbia, si cammina male, sembra di essere su una spiaggia di notte. Al centro della scena cinque uomini bianchi hanno appena legato un uomo nero. L'unico che non riesce a guardare è il figlio di uno degli uomini autori della violenza, che resta in auto e abbassa la testa sulle ginocchia mentre il padre invece segue compiaciuto appoggiandosi alla porta della sua macchina. Questa installazione è stata esposta per la prima volta a Documenta 5, a Kassel, suscitando un grande clamore. Dopo 40 anni rinchiusi nel deposito di un collezionista giapponese, «Five car stud» è stata restaurata e nel 2011-12 ripresentata in pubblico al Los Angeles County Mouseum of Art e del Lousiana Museum of Modern Art in Danimarca.

I Kienholz rappresentano la parte peggiore dell'uomo, con un'ironia crudele e diretta: tornando in Galleria, ecco una giostra con animali giocattolo che si sorreggono con stampelle, o flipper e biliardi con donne in posizioni volgari, e poi televisioni dai cui schermi escono mostri o altre nefandezze, per una mostra ancora estremamente attuale ed efficace nei suoi messaggi che invitano tutti all'autocritica.

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