Cronaca locale

Laboratori, ricerca e tecnologia Il futuro della Statale è a Expo

Via libera dell'ateneo al nuovo polo di Rho: pronto nel 2021 Un piano da 380 milioni, 100 dalla vendita di via Celoria

È un progetto da 380 milioni di euro, fatto di laboratori ultramoderni e di spazi per studiare. Ma non avrà la biblioteca («Non serve, oggi basta un I pad» sostiene il rettore Gianluca Vago). Benvenuti nel nuovo campus dell'università Statale a Expo, proprio di fianco all'Albero della Vita. Un progetto firmato dall'architetto giapponese Kengo Kuma che sorgerà là dove c'era il padiglione del Giappone. Per ora si tratta di una proiezione del tutto virtuale. Ma le premesse ci sono e fra cinque anni o poco più potrebbe essere tutto reale.

Ieri l'ateneo ha ufficializzato la manifestazione di interesse con il voto favorevole dei suoi organi di governo, Senato accademico e Consiglio di amministrazione. E anche le istituzioni sembrano ben disposte a fare la loro parte economica. Secondo il piano di fattibilità, per ricavare i soldi necessari a realizzare i nuovi dipartimenti, il Governo sarebbero chiamato a elargire 130 milioni, altri 130 milioni li metterebbe l'università di tasca sua, strutturando un indebitamento con le banche, e cento milioni verrebbero ricavati dall'alienazione degli attuali dipartimenti di veterinaria, scienze dell'alimentazione, biologia e farmaceutica di Città studi. Della partita potrebbe far parte anche la Banca europea degli investimenti, oltre che Cassa depositi e prestiti, secondo il ministro alle Politiche agricole Maurizio Martina, interessata al progetto di sviluppo dell'area Expo.

«Cdp - ha detto Martina - già si e affiancata spesso in alcune attività anche della Statale» e ha espresso l'intenzione di «prendere in considerazione qualsiasi ragionamento utile per lo sviluppo del progetto per il post Expo». Secondo il ministro il progetto della Statale servirebbe per dare appeal al futuro dell'area e a richiamare investimenti di un certo livello per quella che sarà la cittadella della scienza e delle nuove tecnologie.

Il progetto degli architetti giapponesi prevede una città degli studi che si estende su 190mila metri quadri. «A noi ne basterebbero 150mila» assicura Vago che, grazie al nuovo campus, prevede un risparmio sui costi di gestione di 8-9 milioni di euro all'anno. I dipartimenti vicino all'ospedale neurologico Besta e in via Celoria hanno costi di manutenzione molto alti e non permettono di lavorare come si dovrebbe.

«La metà delle palazzine è stata costruita prima degli anni Sessanta, un terzo prima degli anni Novanta, ma si tratta di edifici difficile da gestire, non più adatti a rispondere alle esigenze organizzative dell'università». Vago, che ha già pensato al piano B, potrebbe anche pensare di ristrutturare la città studi di adesso. Ma non avrebbe senso. «Sarebbero soldi mal impiegati - ammette - e spero vivamente vada in porto il progetto del campus a Expo». Con il trasloco, oltre 20mila persone andrebbero a popolare l'area Expo: la struttura dovrebbe ospitare poco più di 18mila studenti, di cui quasi 700 stranieri, a cui si aggiungono circa 1.800 ricercatori e poco meno di 500 tra tecnici e amministrativi, per un totale di 2.280 operatori.

Il dado è tratto e si apre una nuova fase per il sogno del rettore Gianluca Vago di una nuova Città Studi che, nella sua visione, dovrà unire ricerca, formazione e condivisione della conoscenza. E che contribuirà a popolare un'area che oggi sembra la terra di nessuno. Ora bisogna vedere se Renzi darà le risorse o no.

MaS

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