Cronaca locale

L'eredità di don Aldo: "Classe responsabile, non solo dirigente"

Scola ricorda il sacerdote del San Carlo Dopo la Messa, inaugurati nuovi spazi

L'eredità di don Aldo: "Classe responsabile, non solo dirigente"

È morto un anno fa in casa sua, cioè al collegio San Carlo, monsignor Aldo Geranzani, per tutti don Aldo. Un anno dopo, la basilica di santa Maria delle Grazie, «la sua seconda casa», è piena per ricordare il sacerdote educatore che parlava dialetto milanese ma amava tutte le culture, tanto da introdurre l'insegnamento del cinese fin dall'asilo. Aveva voluto che ebrei, musulmani, cattolici e cristiani di altre confessioni si ritrovassero insieme a studiare. Si era impegnato perché persone di ogni estrazione potessero frequentare la scuola dell'alta borghesia milanese. A guardarsi intorno, in questo giorno, non vedi «sancarlini» ma tanti bambini e ragazzi tristi e allegri nello stesso momento, insieme con i loro genitori.

«Nessuno è profeta in patria. L'uomo ogni giorno deve fare i conti col pregiudizio che impedisce l'amicizia» dice ricordandolo dal pulpito il cardinale Angelo Scola, che celebra la messa in ricordo del sacerdote così fuori dagli schemi di cui è stato amico dal 2000 in poi. Era stato invitato a celebrare nell'ottobre scorso e ha tenuto fede all'impegno. «Il pregiudizio fu anche degli abitanti di Gesù verso l'illustre concittadino» aggiunge. «Il pregiudizio è ciò che non concede all'altro di cambiare, è un modo di congelare l'altro, attanaglia soprattutto noi anziani» insiste. Ricorda una frase forte di don Aldo: «Dobbiamo far crescere una classe responsabile, mica dirigente. È un'affermazione di coraggio».

Don Aldo, morto a 71 anni, rettore del san Carlo dal 1990, era stato chiamato alla guida della scuola dal cardinal Martini e nel 2016 aveva ricevuto l'Ambrogino d'oro, massima onorificenza della città. Oggi, un anno dopo, viene ricordato con una Messa, con una festa ma soprattutto con quel che lui stesso faceva di continuo: inaugurare spazi nuovi. A lui è stata dedicata una preziosa aula magna, fatta di affreschi e marmi intarsiati, nel suo ricordo sono stati inaugurati laboratori di fisica e chimica. È stato ricavato un chiostro alberato che la sera si illumina di led colorati e di giorno è uno spazio di studio e di sfogo per i ragazzi.

Gli studenti lo hanno ricordato con una mostra che ha per titolo «Almeno un milione di scale», allestita nel Chiostro di via Zenale 8, che rimarrà aperta per un mese ed esporrà emozioni, memorie e riflessioni dei ragazzi del Collegio in ricordo di colui che ne è stato «anima, cuore e ispirazione per oltre 25 anni». Alla fine della vita, non ha nascosto la lunga malattia. Adesso il rettore che ne ha raccolto l'eredità, don Alberto Torriani, durante l'inaugurazione dei nuovi spazi si aggira con la gamba ingessata: «Non è niente. Noi siamo forti». In mostra ci sono le foto coloratissime di una vita, con sacerdoti, amici e con i suoi ragazzi, ai quali si dedicava con passione.

E poi c'è la poesia di Montale che ha accompagnato i giorni della malattia: «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto a ogni gradino».

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