Cronaca locale

L'ex calciatore ucciso per un affare finito male insieme agli assassini

L'atleta investì denaro in una operazione proposta da Rullo e da complici senza volto

L'ex calciatore ucciso per un affare finito male insieme agli assassini

Luca Fazzo

Paola Fucilieri

Gli hanno bruciato le mani e le scarpe con l'acido dopo averlo infilato nel bidone. I primi tentativi di dissolvere il corpo di Antonio La Rosa erano stati fatti già nella cantina di via Cogne 20, a Quarto Oggiaro, prima di intraprendere il viaggio verso Seveso, dove doveva sparire per sempre; ed è una conferma di quanto maldestri Raffaele Rullo, 35 anni e la madre 58enne Antonietta Biancaniello siano stati nel gestire il loro delitto. Ma nell'incredibile vicenda dell'ex calciatore di serie C e neo direttore sportivo del Brugherio Calcio sparito la sera del 14 novembre e ritrovato tre giorni fa nel bagagliaio dell'auto della Biancaniello, colpisce, oltre alla sventatezza di madre e figlio, anche l'oscurità del movente e la presenza di molti aspetti inspiegabili. «Aspettatevi più di un colpo di scena», dicono gli inquirenti.

La Rosa aveva prestato trentamila euro a Rollo: questa è stata la spiegazione iniziale. E in effetti in mano ai carabinieri c'è un appunto stilato dalla vittima nel luglio scorso, in cui sono segnati diversi nomi e accanto ai nomi una serie di cifre, per un totale di 64mila euro. L'importo più ingente è quello accanto al nome di Rullo: quindicimila, cinquemila e diecimila. Totale, appunto, trentamila.

Inevitabile, per gli investigatori, chiedersi la provenienza di tutta questa liquidità di La Rosa, difficilmente giustificabile sia dai suoi redditi ufficiali sia dalle condizioni economiche piuttosto agiate della sua famiglia d'origine. Ma ancora più importante è capire la vera natura dei trentamila euro passati a Rollo. Più che di un prestito, gli indizi parlano di un finanziamento, di un'operazione congiunta in cui Rollo aveva coinvolto La Rosa. A usare questa espressione, «operazione», è lo stesso La Rosa, la sera del 14 novembre quando, prima di presentarsi al suo appuntamento con la morte, va nello spogliatoio della squadra e al capitano del Brugherio, Domenico Fumarolo, mostra il rotolo di soldi che porta nascosto nei calzini: ottomila euro. «Mi disse: devo fare un'operazione», ha raccontato Fumarolo. E il coach sparisce per sempre.

Ora gli ottomila euro sono spariti, come il Rolex e l'Audi A3 di La Rosa. Anche questo sembra dimostrare che ci sono dei complici ancora rimasti nell'ombra: verosimilmente i «capi» di Rullo, gente in grado di architettare l'operazione in cui è stato coinvolto il povero La Rosa. Operazione vera o fasulla: perché è anche possibile, come spesso accade in questi contesti, che si trattasse di una «zanzata», una truffa.

Di certo - e lo scrive il pm Eugenio Fusco nel decreto di fermo - in quei giorni La Rosa è preoccupato, quasi spaventato. Va ugualmente all'appuntamento, ma mentre guida fotografa l'auto di Rullo che gli fa strada, e manda l'immagine alla propria fidanzata, come per lasciare traccia: «Lo sto seguendo», scrive.

Anche sulla base di quel messaggio, la Procura aveva chiesto la cattura di Rullo e della madre: il giudice stava per firmare, quando la Biancaniello e rullo sono stati fermati con il corpo della vittima nel baule. Ora Cristina Cattaneo, medico legale, su incarico del pm Eugenio Fusco, dovrà rispondere a un quesito difficile e angosciante: quando è morto esattamente La Rosa? È stato ucciso già il 14 novembre o è stato sequestrato e tenuto prigioniero prima di eliminarlo?

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