Cronaca locale

L'islam (moderato) invade la strada

Anche la Casa di via Padova avverte: «Centro affollatissimo. C'è il rischio di pregare sui marciapiedi»

Alberto GiannoniAnche i «moderati» si arrabbiano. Otto anni dopo la clamorosa invasione di viale Jenner, la scena della preghiera musulmana in strada potrebbe ripetersi, in una via ancor più problematica per gli equilibri di Milano, via Padova. Stavolta non c'entra niente il controverso Istituto culturale islamico guidato da Abdel Shaari. A prefigurare lo scenario incubo per il quartiere è la Casa della cultura musulmana diretta da Mahmoud Asfa, che di Shaari è due volte collega (dirigente islamico e architetto) ma a Milano è noto per le posizioni moderate. Il direttore Asfa, premiato nel 2009 con l'Ambrogino d'oro per l'impegno nel dialogo interreligioso e istituzionale, avverte: «C'è il rischio di pregare sui marciapiedi in via Padova». E lo fa nel primo giorno dell'anno, un venerdì, dopo aver lanciato un allarme anche nel giorno di Natale, altro venerdì, quando la Casa ha ospitato addirittura quattro turni di preghiera, che sono diventati 5 due giorni fa. «Oggi - ha scritto - la Casa della Cultura Musulmana era affollatissima con attesa e lunga coda per la preghiera del venerdì: cinque turni di preghiera. La direzione della Casa della Cultura chiede un intervento urgente del sindaco Giuliano Pisapia e dell'assessore Pierfrancesco Majorino per risolvere il problema del luogo di culto, a prescindere dal bando».È il segnale che il piano moschee del Comune è davvero nel caos. L'assessore Pierfrancesco Majorino ha commentato con un «giusto» le parole dell'architetto giordano. Ha provato a fare buon viso a cattivo gioco, ma è difficile difendere la linea di Palazzo Marino quando arrivano toni così allarmati da una personalità come Asfa, che ha finora ha sempre mostrato di voler tenere il suo centro nel solco del rigore assoluto delle regole, comprese le norme urbanistiche, che con gli strumenti vigenti attualmente non prevedono alcuna «moschea» vera e propria, ma solo centri - appunto - culturali.«A prescindere dal bando» dice l'imam. E il bando sembra arenato. I dirigenti del Coordinamento delle associazioni islamiche sono insoddisfatte, l'opposizione è sul piede di guerra, le notizie di ricorsi si sono moltiplicate e l'attuazione del piano non si sa bene se è lentissima o addirittura ferma. Lo stesso Majorino poche settimane fa ha dato l'impressione di volersi arrendere, anche per via della nuova legge regionale anti-moschee, che di fatto mette fuori gioco il bando comunale (che peraltro il Pirellone considera illegittimo anche rispetto alla precedente normativa urbanistica).Ieri l'assessore ha chiarito che vuole procedere una volta arrivato, sulla legge regionale, il verdetto della Consulta (chiamata in causa dal governo). Majorino però ha anche aperto sulla questione una querelle tutta politica e tutta interna al centrosinistra, gettandola sul tavolo delle primarie: «Parlare oggi genericamente di moschee senza dire il come e il quando significa prendere in giro il mondo musulmano milanese» ha detto - «io sono per andare avanti», «gli altri candidati alle primarie cosa ne pensano del nostro "bando"? Confesso di non averlo capito». Un riferimento esplicito alla posizione della sua avversaria, Francesca Balzani, che pochi giorni fa ha detto (genericamente) che «una città a vocazione internazionale come Milano deve avere una moschea».

Intanto i residenti dei quartieri interessati sono sempre più stanchi e preoccupati.

Commenti